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Parigi e la strage, ormai è "guerra tra razze"

Mauro Zanon
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William M. era appena uscito di prigione. Fino al 12 dicembre era in custodia cautelare alla Santé, nel quartiere di Montparnasse, a Parigi. 69 anni, nato a Montreuil e di nazionalità francese, William M. aveva il divieto di uscire dal territorio francese e soprattutto il divieto di possedere armi. Ciononostante, ieri mattina attorno alle 12, si è presentato con una pistola a rue d'Enghien, nel Decimo arrondissement, sparando all'impazzata contro varie persone all'altezza del centro culturale curdo Ahmet-Kaya. Ha ucciso una donna e due uomini, e ha ferito tre persone (una di queste versa in condizioni gravissime). L'autore, invece, è stato arrestato e condotto in commissariato per gli interrogatori. «I curdi di Francia sono stati il bersaglio di un attacco ignobile nel cuore di Parigi. Il nostro pensiero va alle vittime, alle persone che stanno lottando per vivere, alle loro famiglie e ai loro cari. Grazie alle nostre forze dell'ordine per il loro coraggio e il loro sangue freddo», ha commentato su Twitter il presidente francese, Emmanuel Macron.

 

 




LA SICUREZZA

Promette l'invio di un team di psicologi, la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, che commenta: «La comunità curda e attraverso di essa tutti i parigini sono stati colpiti da questi omicidi perpetrati da un militante di estrema destra. I curdi, ovunque essi risiedano, devono poter vivere in pace e in sicurezza. Più che mai, Parigi è dalla loro parte in questi momenti bui». Macchinista della Sncf (la società che gestisce le ferrovie francesi) in pensione, William M. avrebbe detto agli inquirenti «che non amava i curdi». Il ministro dell'Interno, Gérald Darmanin, ha dichiarato che per il momento non c'è nessuna prova che «volesse specificatamente prendere di mira i curdi» (le tre vittime, tuttavia, sono proprio «tre militanti curdi», secondo quanto riportato dal Consiglio democratico curdo in Francia), ma sicuramente «voleva colpire degli stranieri».


Del resto, non è la prima volta. Il 69enne ha infatti precedenti per violenze a sfondo razzista. Arrestato nel 2016 per tentato omicidio di una persona vulnerabile e nel 2019 per possesso di armi, William M., nel dicembre dello scorso anno, si è reso protagonista di un'aggressione razzista ai danni di alcuni migranti accampati al parco di Bercy, vicino al ministero dell'Economia e delle finanze. L'uomo, armato di una sciabola, aveva lacerato diverse tende proferendo frasi contro «gli stranieri» e prendendosela in particolare con due migranti sudanesi (uno di loro, fu salvato in extremis). «Quando ho visto che era lui, non potevo credere ai miei occhi. Ero convinto che fosse ancora in prigione. Non è ancora stato giudicato, com' è possibile? Com' è potuto uscire? E non ero nemmeno stato avvertito», ha dichiarato al Parisien Osman, uno dei migranti aggrediti da William M., prima di aggiungere: «Avrebbe tranquillamente potuto decidere di ritrovarmi per vendicarsi». Per l'attacco di Bercy era stato posto in custodia cautelare, prima di essere liberato lo scorso 12 dicembre.

Venerdì la procura di Parigi ha aperto un'inchiesta per assassinio, omicidio volontario e violenze aggravate ai danni dell'uomo. «Mio figlio è un pazzo. Aveva fatto un annodi prigione, sua madre stava provando a rimetterlo in riga», ha raccontato il padre di William M., aggiungendo che «era un tipo taciturno che non viveva come tutti gli altri». La comunità curda, ad ogni modo, è sotto choc per l'attacco avvenuto al centro culturale Ahmet-Kaya, che non è un semplice luogo di eventi e discussioni politiche: è l'«ambasciata dei curdi a Parigi». Il Consiglio democratico curdo in Francia, non a caso, ha parlato di «attacco terroristico infame avvenuto in seguito a molteplici minacce proferite dalla Turchia, alleata di Daesh», e ha indetto per sabato a place de la République una grande mobilitazione di sostegno alla comunità.

 

 

 

 

 

LA GUERRIGLIA

Venerdì, subito dopo la tragedia, decine di militanti curdi si sono riversati nei pressi di rue d'Enghien gridando «Erdogan terrorista» e «Stato turco assassino». Poi, dopo l'arrivo dei poliziotti antisommossa e di Darmanin, le tensioni sono salite alle stelle, con scontri e feriti. «La situazione politica in Turchia ci porta molto chiaramente a credere che si tratti di omicidi politici», ha denunciato in una conferenza stampa Agit Polat, portavoce del Consiglio democratico curdo in Francia. Il ministro Darmanin, ieri sera, ha tenuto una riunione speciale per valutare le minacce verso la comunità curda sul suolo francese. L'attacco di rue d'Enghien arriva, tra l'altro, a pochi giorni dal decimo anniversario dell'assassinio di tre donne curde da parte del turco Omer Güney, avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2013. È il multiculturalismo che sfocia nel multiconflittualismo, è la battaglia dei comunitarismi, è quella che Michel Houellebecq, in una recente intervista incrociata con Michel Onfray, ha definito «guerra civile a bassa intensità».

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