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Repubblica e Stampa? Vergogna su Israele: toh, cosa "scoprono" oggi...

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Giovanni Sallusti
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I giornali di ieri ci hanno svegliato con una notizia clamorosa: in Israele c’è la democrazia. Pare infatti che nello Stato ebraico si possano criticare esplicitamente le decisioni del governo, si possano indire manifestazioni pubbliche di protesta, si possa perfino «accerchiare la Knesset», come riportava entusiasta Repubblica, in un furore terminologico non propriamente da alfabeto liberale (per un giorno, l’organo della borghesia progressista riscopre un lessico più da taverna trumpista, o bolsonarista, appuntarserlo per quando gli “accerchiatori” torneranno a non essere i Buoni).

Sembra che abbia un tale peso a Tel Aviv, la libera opinione organizzata, da far addirittura ritirare, o congelare, il provvedimento contestato, la riforma della giustizia ipotizzata dall’esecutivo di destra guidato da Bibi Netanyahu, il quale sarà anche uno che «ragiona come un dittatore», stando allo scrittore di sinistra Etgar Keret intervistato a pagina 3 de La Stampa, ma certo un dittatore di un genere ben strano. Diciamo un filo meno assertivo degli ayatollah iraniani, che le manifestazioni le gestiscono sparando ad altezza uomo (e, soprattutto, donna).

 

 

 

DIETROFRONT

In questo caso, invece, è «la piazza» che «ferma Netanyahu», come titola con enfasi a tutta pagina Repubblica. Dunque sì, pare proprio che ci siano gli estremi per sostenere che in Israele vi sia una qualche forma di democrazia liberale, seppur«imperfetta» come si affanna a precisare subito Nathalie Tocci su La Stampa, ma comunque in grado di impartirci «una lezione». Il suo direttore è ancora più infervorato, e inneggia in prima pagina alla “Primavera israeliana”, questa marea umiliata e offesa che monta e prende per mano il proprio avvenire, quest’apoteosi di libertà. Pensate che bella la società israeliana, fischietta irrefrenabile Massimo Giannini e con lui tutto il mainstream finto tonto, pensate che anticorpi sani ha in circolo, si può organizzare liberamente il dissenso e portarlo nelle strade, fuori dal Parlamento e perfino davanti alla casa del capo del governo a Gerusalemme.

 

 

 

Stando agli scoop in serie dei segugi nostrani, ci si potrebbe financo spingere a sostenere che Israele rappresenti l’unica democrazia insediata nel tormentato Medio Orient... No, fermi un attimo. Non è così, non può essere così, ce lo hanno detto sempre loro, almeno fino all’altroieri.
Ci hanno sempre assicurato che Israele calpesta i diritti civili e il diritto internazionale, che opprime quegli uomini di pace di Hamas periodicamente costretti a reagire con qualche innocuo sfogo bombarolo, che pratica l’apartheid etnico e religioso. L’analogia oscena tra lo Stato ebraico e il fascismo, o addirittura peggio, addirittura con gli sterminatori in svastica, è un topos non solo degli squadristi rossi più estremi, ma è stata proposta da passati e veneratissimi editorialisti dei giornaloni in questione, da Piergiorgio Odifreddi che parlò di «logica nazista» a Gianni Vattimo che sentenziò «sono forse un po’ peggio di Hitler». Ma anche venendo a tempi più recenti e “moderati”, Repubblica si è premurata di dare voce a galantuomini quali Tareq Al Salmi, portavoce della Jihad islamica palestinese, che sdottoreggiava tranquillamente di «crimini del regime sionista». E ancora pochi mesi fa Massimo Giannini in un suo fondo definiva Israele «una moderna tecnocrazia militarizzata«, non esattamente la democrazia rigogliosa e primaverile che applaude oggi, piuttosto più un inverno para-autoritario. La scoprite un po’ troppo tardi, la democrazia israeliana, per non essere stanati nel vostro vecchio vizio: l’ipocrisia. 

 

 

 

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