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Kosovo, "la mano di Vladimir Putin": cosa c'è dietro il caos

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I Balcani sono una polveriera pronta a esplodere e la miccia è già stata accesa dallo zar Vladimir Putin. Il Kosovo, dove ieri sono stati feriti i nostri soldati, assieme alla Moldavia e alla Georgia, sarebbe l’obiettivo di una serie di operazione destabilizzanti dell’intelligence russa per aprire altri fronti in Europa. Una spina nel fianco, alle porte di casa nostra, come "diversivo" rispetto al conflitto in Ucraina. Un'ipotesi che ora appare una certezza anche alla luce delle parole del ministro egli Esteri russo che già aveva avvertito che si stava sviluppando "una situazione esplosiva nel cuore dell’Europa, dove la Nato ha sferrato un’aggressione contro la Jugoslavia nel 1999". A poche ore di distanza da quelle parole si sparava, nel nord del Kosovo, sui soldati italiani impegnati della missione Kfor della Nato. Scintille esplosive di una crisi annunciata. 

 

 

Il Kosovo è stato infatti riconosciuto dagli Stati Uniti, dall’Unione europea, ma non dalla Serbia e dai suoi storici alleati, Russia e Cina. Così, mentre nella regione continuano a vivere ancora circa 100mila serbi, le tensioni e le memorie delle brutalità del conflitto sono tornate a bruciare a seguito dell’invasione dell’Ucraina, con una parte della popolazione serba schierata con la Russia e quella kosovara con Kyiv. La situazione nel Kosovo rappresenta una sfida per l'Europa, che ha cercato di negoziare un accordo di riconciliazione tra le parti coinvolte. Tuttavia, la recente violenza scoppiata tra i serbi che contestano l'elezione di alcuni nuovi sindaci di etnia albanese, potrebbe mettere a rischio questi sforzi. L’Europa, a fatica, sembrava avere raggiunto con i contendenti degli accordi di massima per una via d’uscita definitiva verso il riconoscimento reciproco. La violenza delle ultime ore potrebbe diventare l’epitaffio delle speranze negoziali, con attori esterni interessati a mestare nel torbido.

 

 

 

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