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Strage a Mosca, "terroristi manovrati da un chip impiantato nel cervello"

Roberto Tortora
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Le indagini e le teorie sull’attentato al Crocus City Hall si arricchiscono di nuovi elementi che avvicinano la realtà alla più fantasiosa delle sceneggiature da cinema. Ora, addirittura, si pensa che i quattro assaltatori del teatro di Mosca possano essere stati guidati a distanza con dei microchip inseriti nel cervello. 

Roba da spionaggio, sì, ma di quello che si vede sul grande schermo. A rivelare quest’incredibile ipotesi non è né un giornalista né un complottista, bensì l’ex-capo dell’ufficio russo dell’Interpol, cioè Vladimir Ovchinsky, il quale, durante una trasmissione della tv federale Primo Canale, in onda lo scorso sabato, ha dichiarato che gli autori del massacro potrebbero essere stati assoldati dai servizi occidentali, che gli avrebbero impiantato dei chip: “Quei bast*** hanno perso conoscenza. Molto probabilmente, le sostanze psicotrope e la programmazione neuropsicologica hanno agito in combinato. Forse un esame lo dimostrerà, sono stati inseriti loro dei chip nel cervello”. 

Secondo Ovchinsky, infatti, la moderna neurobiologia consente già di controllare le persone in questo modo e ha citato l’esempio del progetto “Neuralink” di Elon Musk, che ha testato questi chip sui maiali: “Probabilmente lo dimostrerà la perizia, perché adesso la neurobiologia consente di manovrare una persona con questi strumenti”. Per dissuadere i telespettatori che fossero davanti ad un mitomane, il conduttore del talk-show, Anatoly Kuzichev, ha aggiunto: “I nostri ospiti sono sempre persone con competenze serie, con una reputazione seria. I nostri esperti hanno le proprie fonti e idee sul livello di sviluppo di ‘qualunque cosa sia’”. 

 

Il riferimento, ovviamente, ai congegni di controllo della mente. Di sicuro, è stato accertato che gli assalitori siano solo i quattro mercenari tagiki: Dalerdzhon Mirzoyev, Saidakrami Murodali Rachabalizod, Shamsidin Faridunia e Muhammadsobir Fayzov. Tutti e quattro catturati dopo poche ore e fatti confessare in diretta tv dagli stessi agenti che li avevano inseguiti e bloccati in una località vicina al confine con Bielorussia e Ucraina.

 

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