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Russia, invisibili e a decollo verticale: in Italia nascono i jet anti-Putin

Mirko Molteni
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Non è facile entrare nella fabbrica FACO della base aerea di Cameri, in provincia di Novara. Ne escono i caccia Lockheed-Martin F-35 per la nostra Aeronautica e le aviazioni alleate. L’accesso è solitamente vietato, specie di questi tempi, con la tensione con la Russia e i timori di spionaggio. Alcune parti però, in via eccezionale, possono essere visitate. Abbiamo avuto la fortuna di farlo pochi giorni fa, grazie a una gita della sezione di Monza dell’Associazione Arma Aeronautica, autorizzata sotto la guida di sottufficiali anonimi per motivi di sicurezza. Cameri è anzitutto sede del 1° Reparto Manutenzione Velivoli (RMV), a cui arrivano da tutte le basi d’Italia caccia Typhoon e bombardieri Tornado per riparazioni. Nell’enorme hangar RMV, tra fusoliere aperte e ali staccate, un sottufficiale ci spiega: «Per le revisioni più complete un caccia rimane qui da quattro mesi a un anno. E i pezzi di ricambio sono aggiornati agli ultimi aggiornamenti. Ad esempio, il Tornado è in servizio da 40 anni, ma le sue componenti sono al passo coi tempi. È come se su una vecchia auto, a ogni “tagliando”, vi cambiassero la radio a cassette con quella a cd e infine coi moderni touchscreen a usb». Le misure di sicurezza sono altissime, dice il “cicerone”: «Non perdiamo nemmeno una vite, per evitare sia aspirata dai motori. In più, nelle prove a terra, posizioniamo una griglia davanti alla presa d’aria. Quando proviamo i radar, mettiamo un guscio che ne smorza le radiazioni. Nei decolli a manetta, data la vicinanza dell’aeroporto di Malpensa, gli aerei interrompono l’arrampicata prima dei 500 piedi (150 metri) per livellarsi in volo orizzontale».

Raggiungiamo poi la FACO, ossia Final Assembly and CheckOut, dove si respira un’aria “top secret”. E si capisce, dato che le aziende del gruppo Leonardo si sono aggiudicate il privilegio di gestire una delle tre fabbriche al mondo di F-35. Oltre a Cameri, ci sono solo la FACO americana di Fort Worth, in Texas, e quella giapponese di Nagoya, che però assembla solo gli F-35 nipponici. Nei lunghissimi capannoni novaresi, invece, nascono gli F-35 per le nostre Aeronautica (la versione A) e Marina (la versione B) e per altri Paesi europei, come Olanda, Svizzera e presto Germania, Polonia e Cechia. Non solo: le ali, complete di cassone centrale, vengono prodotte perfino per gli Stati Uniti. Abbiamo visto la lunga catena di montaggio proprio delle ali, che avanzano nel capannone su telai che le tengono in verticale, per risparmiare spazio e per consentire di lavorare su entrambe le facce. Allo scheletro interno dell’ala, in longheroni al titanio, vengono applicate le superfici, dorsale e ventrale, in compositi al carbonio.

 

Ci spiega un altro sottufficiale: «Quasi tutte le parti sono incollate con un adesivo di composizione segreta, si usano meno rivetti possibili. L’ala è trattata internamente per accogliere il carburante, è essa stessa un serbatoio». Ogni ala è siglata da un codice, che inizia con la lettera A seguita da un’altra lettera che corrisponde a una nazione. Per l’Italia è la L, per l’Olanda la N, per gli Usa la F. Per esempio: l’ala AN050 è la 50esima prodotta per l’Olanda, mentre la AF517 è la 517esima per gli Stati Uniti. Un’intera ala con cassone, in tutta la sua apertura di 11 metri, è già pronta a essere inviata negli States, avviluppata da una pellicola grigia. La guida ci dice: «È impacchettata sottovuoto per proteggerla dalla salsedine, infatti verrà esportata via mare. Chiusa in un grande container, verrà caricata su un autocarro da trasporto eccezionale e, fra misure di sicurezza, raggiungerà su strada il porto di Genova, dove verrà imbarcata». Circa un migliaio di dipendenti lavorano alla FACO con una disciplina massima. Ogni attrezzo è serigrafato e unico e gli armadietti della ferramenta sono computerizzati, si aprono leggendo il badge di ogni lavoratore per monitorare persino il movimento di ogni cacciavite, chi lo preleva, e quando. L’attrezzo deve poi essere riposto da chi lo ha usato, e nel cassetto giusto, altrimenti il computer segnala lo “sgarro”.

Il reparto d’assemblaggio degli F-35 interi ci è precluso. Devono rimanere celati dettagli come la posa di impianti di bordo o il trattamento che colma i minimi spazi fra i pannelli del rivestimento per mantenere l’invisibilità radar. Possiamo invece assistere, brevemente, alla verniciatura di uno degli aerei, effettuata con robot controllati da operatori in una cabina vetrata. La vernice radar-assorbente è un brevetto segreto americano e deve essere applicata con spessori diversi nei vari punti dell’aereo, calibrata al micron dai computer. A Cameri, il futuro è già oggi.

 

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