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Libertà di parola, così l'Occidente rinnega la sua

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Ieri Elon Musk ha polemizzato con il governo australiano (laburista) sostenendo che la sinistra ama la censura. Sempre ieri Tul si Gabbard, che è uscita dal Partito Democratico, ha twittato: «Sono orgogliosa di sostenere il presidente Trump (...) perché credo che porrà fine alla censura della libertà di parola in America». La libertà è ormai una questione globale, all’ordine del giorno nelle democrazie occidentali, compresa la Ue. Un tempo era un valore indiscusso, oggi è diventato un problema.

Un serio analista come il professor Luigi Curini ha osservato: «La sensazione è che stiamo vivendo un vero e proprio cambiamento di fase nei confronti di internet e dei social media, e attraverso questo, della nozione di libertà di parola con cui siamo cresciuti nel mondo Occidentale. Partita da lontano, in particolare dalla vittoria della Brexit nel 2015 e di quella di Trump l’anno dopo, la marea si era fermata dopo la vittoria di Biden, in cui la Rete era tornata “luogo di partecipazione e democrazia”, come era stata durante le Primavere arabe. Ma i risultati elettorali negli anni successivi, e il cambio di proprietà del fu-Twitter, ha fatto riemergere le preoccupazioni di una certa area politica». (...)

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