Qualcosa non torna nell'incidente del Boeing 787 Dreamliner della Air India precipitato uccidendo 241 persone a bordo. I sospetti infatti sono tutti sul pilota Sumeet Sabharwal, un professionista con oltre 8mila ore di volo alle spalle. Il capitano, che aveva 56 anni, era a pochi mesi dalla pensione al momento dell'incidente ma gli inquirenti non escludono che possa essersi trattato di un gesto volontario.
Il capitano Mohan Ranganathan, esperto di aviazione indiano, ha rivelato al The Daily Mail, che diversi piloti della compagnia Air India avrebbero confermato che Sabharwal soffriva psicologicamente, forse a causa di un recente lutto. "Lui (Sabharwal ndr.) si era allontanato dal volo negli ultimi tre o quattro anni, motivandolo come ferie per malattia". Il pilota, infatti, avrebbe preso vari giorni di riposo dopo la morte della madre, anche se prima del decollo fatale lo stesso Sabharwal sarebbe stato considerato a tutti gli effetti idoneo a pilotare. Non solo, secondo alcuni colleghi Sabharwal stava considerando un pensionamento anticipato per poter rimanere vicino al padre 90enne e assisterlo.
Una tesi che non va giù all'Associazione dei piloti civili indiani (Icpa). Quest'ultima ha respinto le insinuazioni sulla colpevolezza del pilota circolate dopo la pubblicazione, sabato 12 luglio, del rapporto preliminare dell'Ufficio investigativo sugli incidenti aerei (Aaib) dell'India sul disastro aereo. "Siamo profondamente turbati dalle narrazioni speculative che emergono nei media e nel dibattito pubblico, in particolare dall'insinuazione sconsiderata e infondata del suicidio del pilota. Vogliamo essere inequivocabilmente chiari: non vi è assolutamente alcun fondamento per una simile affermazione in questa fase, e invocare un'accusa così grave basata su informazioni incomplete o preliminari non è solo irresponsabile, ma è anche profondamente insensibile nei confronti delle persone e delle famiglie coinvolte", si legge nel comunicato.




