Giappone, se la spesa a tavola pesa anche sulle urne

I prezzi degli alimenti di base possano determinare le sorti di una tornata elettorale, di un governo, di un intero Paese
di Carlo Nicolatomartedì 22 luglio 2025
Giappone, se la spesa a tavola pesa anche sulle urne
3' di lettura

In Giappone il prezzo del riso è una cosa maledettamente seria. Ne sanno qualcosa i due partiti di governo, il Liberal Democratico e il Komeito, che domenica scorsa hanno perso la maggioranza in Senato in una tornata elettorale il cui tema principale è stato proprio la crisi dell’alimento più importante per i giapponesi. Il riso nel Paese del Sol Levante è il simbolo della cultura nazionale e non deve sorprendere dunque che l’improvviso raddoppio del prezzo del cereale, dovuto sì all’inflazione ma soprattutto al caldo anomalo che nel 2023 ha colpito i raccolti in concomitanza con un afflusso record di turisti, abbia inciso sulle politiche d’emergenza del governo.

Il ministro dell’agricoltura Shinjiro Koizumi è subito intervenuto immettendo sul mercato graduali quantità di scorte immagazzinate, riuscendo a portare il prezzo da 4.300 yen per un sacco di 5 chili a 3.500 yen, comunque un costo ancora alto rispetto ai neanche 2mila yen dello scorso anno. È bastato? Si direbbe di no stando ai seggi persi dai liberal democratici di cui Koizumi fa parte. Per il momento liberal democratici e Komeito non avranno difficoltà a mantenere il governo, ma si tratta di un duro colpo per il premier Shigeru Ishiba che già l’ottobre scorso aveva perso la maggioranza della Camera Bassa. E rappresenta un campanello d’allarme anche per il resto del mondo che sembra dimenticare quanto i prezzi degli alimenti di base possano determinare le sorti di una tornata elettorale, di un governo, di un intero Paese.

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Basti pensare come sia stato proprio l’aumento del prezzo dei cereali a innescare la primavera araba in Tunisia, e da lì in tutto il resto del nord Africa e in Medio Oriente. In India, nel 2020, il governo di Narendra Modi fu costretto a bloccare l’esportazione di cipolle, di cui Nuova Delhi è il secondo produttore mondiale dopo la Cina: il raccolto scarso e la stagione delle piogge in ritardo avevano fatto schizzare alle stelle i prezzi di uno dei componenti essenziali della cucina nazionale.
Pure nelle ultime elezioni presidenziali statunitensi un ruolo fondamentale nella scelta del voto l’hanno avuto le uova che, a causa dell’inflazione, ma anche di una concomitante epidemia di influenza aviaria, avevano visto il loro costo più che raddoppiare. Con un consumo pro capite annuale di 280 unità, l’uovo è l’alimento base della colazione americana, l’alimento che tutti possono permettersi e che nella campagna di Trump è diventato un facile simbolo del fallimento della Bidenomics. Il prezzo delle uova è continuato a salire anche dopo la vittoria del tycoon toccando la cifra record di 11 dollari a dozzina e solo recentemente, grazie a importazioni record, è calato.

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La prossima crisi alimentare americana potrebbe essere invece rappresentata dall’impennata dei prezzi dell’hamburger e delle bistecche in generale, veri simboli dell’alimentazione Made in Usa. In questo caso la motivazione principale è un calo dell’offerta con una costante riduzione della popolazione di bovini che è diventato troppo costoso allevare. All’inizio di quest’anno gli Stati Uniti contavano 86,7 milioni di bovini e vitelli, in calo dell’8% rispetto al picco più recente del 2019 e il numero più basso dal 1951, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Il risultato è stato un aumento del 12% della carne macinata, il cui prezzo medio per libbra è salito a giugno a 6,12 dollari, e dell’8% della bistecca di manzo, che ora costa 11,49 dollari al chilo. Anche Vladimir Putin potrebbe rischiare grosso alle prossime elezioni e non per la guerra in Ucraina, le sanzioni e la stretta autoritaria al suo Paese, ma per la crisi delle patate, alimento di base della popolazione russa. In questo caso si parla di una gelata fuori stagione che nel 2024 ha decimato il raccolto, tanto che l’immensa Russia ha dovuto ricorrere ai “paesi amici” che a loro volta le stanno finendo.

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