Flotilla pro-Pal e l'era di Hitler, quelle similitudini

Nel 1943 i Paesi neutrali nell’Europa dilaniata dalla guerra erano stati percorsi da un moto di orrore quando era giunta l’eco dell’Operazione Gomorrah degli Alleati ad Amburgo
di Marco Patricellimercoledì 10 settembre 2025
Flotilla pro-Pal e l'era di Hitler, quelle similitudini

( Ansa)

3' di lettura

Nel 1943 i Paesi che erano riusciti a mantenersi neutrali nell’Europa dilaniata dalla guerra erano stati percorsi da un moto di orrore quando era giunta l’eco dell’Operazione Gomorrah degli Alleati sulla città di Amburgo. D’accordo, i nazisti erano quelli che erano, avevano compiuto crimini su crimini e sparso il terrore ovunque fossero arrivati i soldati di Hitler; avevano rinchiuso gli ebrei nei ghetti, poi li avevano perseguitati, poi li avevano sterminati; nei lager erano finiti i nemici del Reich. Tutto dimenticato, adesso. Gli Alleati combattevano per la democrazia, contro la tirannia, per uomini donne e bambini, e avevano ridotto in cenere una città come Amburgo i primi di agosto del 1943, studiando e applicando la “Tempesta di fuoco”. I morti si contavano a decine di migliaia. Civili. Era troppo per Svizzera, Svezia e Portogallo; più cauta la Spagna di Franco che s’era chiamata fuori dalle lusinghe di Hitler. Quel massacro portato dal cielo per abbreviare la guerra e vincerla, nel nome della libertà, dei diritti e della pace, era diventato improvvisamente intollerabile. C’erano movimenti di attivisti e di esponenti della società civile che non volevano rimanere a guardare.

Gli attivisti si erano attivati, gli esponenti si erano esposti, perché anche i tedeschi, sotto alla croce uncinata, erano dei poveri cristi. Affamati per le privazioni di guerra, senza medicinali come la penicillina che erano esclusiva del nemico, costretti a stare rintanati nelle cantine e nei rifugi perché gli americani bombardavano di giorno e gli inglesi davano il cambio di notte. Non era umano. Cominciarono a spuntare un po’ dappertutto le bandiere rosse con la svastica, fiorirono prese di posizione e pressioni sui governi svizzero, svedese e portoghese. Cominciarono le università a bandire Shakespeare dai convegni, poi i rettori a sospendere gli accordi con gli atenei dei Paesi alleati. Poi gli studenti cominciarono a manifestare a favore dei tedeschi, piantando le tende e a difesa della civiltà tedesca nella morsa della barbarie anglosassone, e a reclamare che i colossi degli armamenti sospendessero le forniture di dinamite, cannoni, esplosivi, armi portatili, carri, aerei e persino cuscinetti a sfera. Dopo il boicottaggio la parola passava ai professionisti della protesta.

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In Svezia cominciò a prendere corpo una piccola flotta, con piroscafi e barche a vela, con prua a ovest; lo stesso in Portogallo, ma verso nord-est. Gli alfieri degli ultimi, dei penultimi e pure dei primi e dei secondi e di tutti i paradossi di Zenone, avevano un piano geniale: far incontrare a metà strada le due flotte di volontari, armate (nel senso degli armatori) e sostenute finanziariamente dai banchieri che lucravano sugli ingenti depositi bancari dei belligeranti, nelle acque sotto controllo della Marina britannica, forzare il blocco e portare viveri e medicinali alla stremata popolazione tedesca. Al ministro della Propaganda Joseph Goebbels tanta manna dal cielo non sembrava vera. A saperlo prima avrebbe fatto bombardare lui stesso Amburgo, per dare la colpa agli angloamericani e ribaltare l’opinione pubblica. Adesso il cattivo non era più Hitler, che invece accarezzava i bambini, ma le democrazie che i bambini li facevano morire di fame e sotto le bombe. Il cattivo era quell’alcolizzato e fumatore di Winston Churchill.

Londra, compreso il pericolo, era stata chiara: forzare il blocco era un atto di guerra, per di più con barche con le bandiere naziste al vento. L’avviso era stato netto: non partite e non venite qui o vi tratteremo da nemici. Una colonna di pacifisti con aiuti alimentari che doveva partire dalla Svizzera da cinque secoli senza guerre, diretta verso la Germania, era stata bloccata perché gli americani avevano avvisato che l’aeronautica l’avrebbe attaccata. Ma gli attivisti che avevano cucito il cerchio con la svastica sulle bandiere rosse della rivoluzione tirarono dritto cantando e diffondendo bollettini di vittoria in attesa dell’incidente che li avrebbe trasformati in eroi dell’umanità.

Quando i commandos britannici scattarono all’arrembaggio della prima nave della flottiglia in zona vietata, sorprendendo l’equipaggio e trasbordandolo su una nave della Royal Navy, l’apocalittica e indignata nota stampa preparata sin dalla partenza era già stata diramata in automatico a tutte le agenzie. Alla notizia della cannonata che aveva affondato la barca dei volenterosi, a monito dell’Armata Brancaleone dei neutrali schierati, pensarono invece quei cattivoni spietati e inumani del criminale di guerra Churchill. Il quale brindò con un buon brandy e una tirata di sigaro. E pure Hitler, non più isolato, si concesse un goccetto e fumò una sigaretta con Eva Braun. Ogni riferimento al presente di questa pagina di storia controfattuale è puramente voluto.

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