Direttore dell’Osservatorio Ucraina all’Istituto Gino Germani, Massimiliano Di Pasquale è un pesarese con moglie ucraina che si occupa di Ucraina da ormai un quarto di secolo. Sulla storia, l’identità e l’attualità del paese ha scritto tre libri: “Ucraina terra di confine. Viaggi nell'Europa sconosciuta” (2012), “Abbecedario ucraino”, uscito nel 2018, e “Abbecedario ucraino 2”, del 2021. Ma in più è autore di vari studi ad esempio su Russia e antisemitismo, sulle “misure attive” di disinformazione russe e sull’influenza russa sulla cultura, sul mondo accademico e sui think tank italiani.
Gli abbiamo chiesto un commento sugli ultimi sviluppi a Kiev.
«Le dimissioni di Andriy Yermak, dopo la perquisizione della sua abitazione da parte dell’agenzia anticorruzione segnano un effettivo momento di crisi per Zelensky. Viaggiando per l’Ucraina si percepiva del malcontento per la corruzione: sia parlando con la gente comune che con gli analisti. Pensiamo anche al tentativo dello stesso Zelensky di stoppare i ragazzi che erano scesi in piazza contro la legge accusata di minare l’indipendenza degli organi anticorruzione. Giustamente però poi Zelensky ha fatto marcia indietro, e quella legge non è stata approvata. Quindi massima trasparenza, e le indagini le hanno fatte».
Quindi la corruzione in Ucraina c’è...
«Nessuno lo nega. Peraltro la corruzione era il modus operandi del sistema sovietico, che lo ha lasciato in eredità.L’Ucraina sta provando a risolvere il problema dimostrando di essere uno Stato di diritto, ed effettivamente le indagini si fanno e le persone coinvolte si dimettono. È una dimostrazione che comunque lo Stato di diritto funziona, ed è un progresso in senso positivo per un paese che aspira all'Unione Europea. Chiaro che poi questa cosa poi viene strumentalizzata da tutti i filo russi che attaccano Zelensky per il cesso d’Oro del suo collaboratore, ma non parlano del fatto che la Russia è sistematicamente basata su rapporti di corruzione. Cioè, attaccano un Paese dove la corruzione viene scoperta, malgrado sia in questo momento vittima di una guerra di aggressione che dura da quattro anni».
Una coincidenza?
«Certo, se si vuole speculare sul tempismo, che questa cosa accada in un momento in cui Zelensky appare in difficoltà potrebbe far pensare a una forma di giustizia a orologeria. È comunque un territorio grigio perché, ripeto, la corruzione c’è. L’Ucraina resta comunque un Paese cheè in guerra eche malgrado ciò il problema della corruzione lo sta risolvendo. Quindi, da un certo punto divista è anche una cosa positiva».
In molti ora pensano a un ruolo del generale Valeri Zaluzhny. L’ex-capo delle Forze Armate e ora ambasciatore a Londra.
«Siccome Yermak era l’uomo di fiducia di Zelensky, adesso bisogna capire chi potrebbe sostituirlo come consigliere presidenziale. Io non penso a Zaluzhny, perché quello di ambasciatore a Londra è un ruolo chiave, visto l’aiuto che sta dando il Regno Unito. Non sarebbe saggio toglierlo da là. Potrebbe sicuramente essere una figura militare di un certo livello diversa da lui, anche se fuori dall’Ucraina pensano a lui perché più conosciuto».
In Italia c’è l’idea che Zelensky sia il duro della situazione e che senza di lui l’Ucraina si arrenderebbe. È così?
«C’è stata una evoluzione importante di Zelensky. Al momento della campagna elettorale i media russi consigliavano addirittura di votare lui contro Poroshenko.
Ma il cambiamento era avvenuto già un anno prima dell’attacco, quando Zelensky a un certo punto comprende che certi media aiutati dalla Russia erano vere e proprie “misure attive” per cercare di rompere la coesione sociale ucraina, e interviene contro di essi. Ma è misure attive anche la propaganda russa rilanciata in Italia che collega Zelensky al Maidan e a Poroshenko, in più associando tutto al nazismo. Effettivamente Zelensky credeva di poter trattare con Putin, non aveva capito chi era Putin. È stato molto ingenuo, però poi a un certo punto ha capito quello che stava succedendo».
Quale potrebbe essere una soluzione al momento?
«Si prospetta la soluzione di un governo di unità nazionale. Dubbi di corruzione a parte, Zelensky si è comportato da eroe e si è mostrato anche bravo come diplomatico, ma sono quattro anni che sta alle prese con una situazione molto difficile. Chiaramente, è stanco. D’altra parte, ad esempio Poroshenko ha fatto molto anche per il fronte. I partiti filorussi sono stati sanzionati, tutti i partiti alla Rada hanno a cuore l’unità del Paese. È importante che Zelensky vada alla Rada a fare la conta di chi è con lui, perché anche il suo partito probabilmente non è contento».
Il governo di unità nazionale non avrebbe dovuto nascere subito, con lo scoppio della guerra?
«Zelensky aveva la forza politica per andare avanti da solo. Ha preferito non farlo».
Visto retrospettivamente, è stato un errore?
«Adesso sì. Probabilmente ci si sarebbe potuto pensare già un paio di anni fa. Ma Zelenskyva comunque assolutamente sostenuto. Se Zelensky riesce a superare questo momento e riesce a trovare un uomo giusto come consigliere e magari coinvolge anche l’intero arco parlamentare, potrebbe addirittura risultare rafforzato».




