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L'Europa abolisce il Buon Natale: così cancelliamo noi stessi

Andrea Morigi
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Chi più chi meno, chiunque sia eletto presidente degli Stati Uniti, Repubblicano o Democratico che sia, ogni anno addobba la Casa Bianca con decorazioni natalizie. Chiunque sieda sul più alto scranno della Commissione di Bruxelles, cerca al contrario di cancellare le radici cristiane dell'Europa, promuovendo la cancel culture dalla quale peraltro sarà travolta. È il caso del documento interno intitolato «Unione dell'uguaglianza. Linee guida della Commissione europea per una comunicazione inclusiva», nel quale vengono indicati i criteri per la comunicazione esterna e interna. In prossimità delle feste, si mettono in guardia i dipendenti dall'utilizzo di espressioni di uso comune, in particolare al «periodo natalizio» e si invita a non utilizza solo nomi cristiani come «Maria o Giovanni», perché ritenuti lesivi delle diverse sensibilità religiose. Un portavoce della Commissione, nella serata di ieri, ha tentato invano di smentire la notizia, con una dichiarazione di neutralità sulle questioni religiose. Altrove, nei Paesi islamici o nella Cina popolare, in base alla legge coranica o alle direttive del Partito comunista, professarsi cristiani significa rischiare il carcere, la tortura o la deportazione. Ma l'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo sul principio della libertà di espressione, che include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche. Se nel suo percorso di globalizzazione, l'Ue sta dirigendosi verso Pechino e intende mettersi in rotta di collisione con Washington, è una questione di civiltà. Non si tratta solo di rispetto verso la tradizione cristiana, ma di saper immaginare un futuro per il Vecchio Continente.

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