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Ddl Zan, così l'Europa vuiole imporci la legge affossata dal Parlamento italiano

 Manifestazione a favore del Ddl Zan

Gianluca Veneziani
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Era stato affossato dal Parlamento italiano e ora si cerca di calarlo dall'alto tramite legislazione europea. Il ddl Zan, ufficialmente contro l'omotransfobia e in realtà anti-libertà di espressione e pro-ideologia gender, è il classico testo di legge che, uscito dalla porta, rientra dalla finestra. Ma la sostanza resta la stessa: identico è il ricorso a termini ambigui come «identità di genere» e «stereotipi di genere». E immutati sono gli scopi: criminalizzare chi si opponga al disegno di un'identità fluida e promuoverla in ogni sede educativa. Facendo un lavaggio del cervello ai maschi che, solo in quanto tali, sarebbero portati alla violenza contro donne e gay. È questo il contenuto della «Raccomandazione alla Commissione sulla lotta alla violenza di genere: violenza online» che sarà votata oggi all'Europarlamento. Se venisse approvata, diventerebbe un impegno per la Commissione Ue a creare una legislazione vincolante per i vari Paesi. Il testo parte dal presupposto che «attualmente 15 Stati membri (tra cui l'Italia, ndr) non includono l'identità di genere nella normativa contro l'incitamento all'odio». Come rimediare? Bisogna stroncare appunto «l'incitamento all'odio» che, letto così, pare proposito nobile ma, ben interpretato, si riferisce al tentativo di sopprimere il legittimo diritto di critica al pensiero arcobaleno e femminista. Il testo all'inizio resta sul vago, dicendo di voler «accogliere l'impegno assunto dalla Commissione per estendere l'elenco dei reati dell'Ue ai reati generati dall'odio, anche quando sono mirati alle persone LGBTIQ» e invitando «Commissione e Stati membri a includervi l'incitamento all'odio sessista».

 

 

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Quando però si va nello specifico, si capisce come intento dell'Europarlamento sia soffocare la libertà di parola, condannando come omofoba la semplice espressione «ideologia Lgbt». Il Parlamento, si legge, «ricorda che la pratica di etichettare le persone LGBTIQ come una "ideologia" va rafforzandosi nella comunicazione e nelle campagne contro la cosiddetta "ideologia di genere"», rendendo «femministe e attivisti LGBTIQ bersaglio di campagne diffamatorie e incitamento all'odio online». Per imbrigliare quanti osino usare certe espressioni il testo «invita gli Stati membri a valutare la possibilità di rivedere e modificare il loro diritto nazionale in materia di provvedimenti giudiziari». Ma le sanzioni non bastano, occorre anche un bombardamento educativo. Il testo perciò «sottolinea l'importanza della parità di genere nei programmi scolastici al fine di eliminare gli stereotipi di genere» e invita Commissione e Stati membri a «promuovere attività di formazione obbligatorie e continue per assistenti sociali, operatori sanitari e dell'infanzia e membri della magistratura».

 

 

L'aspetto più inquietante è che uno specifico indottrinamento andrà esercitato sui maschi in quanto «nella maggior parte dei casi gli uomini sono i colpevoli della violenza di genere»: pertanto «nel supporto degli studenti per le questioni connesse alla violenza di genere è opportuno prestare particolare attenzione all'istruzione dei ragazzi e degli uomini». Bestie feroci solo per il sesso di appartenenza. La Lega leva gli scudi: «Non si confonda il legittimo dissenso coi discorsi di odio. L'Italia dispone già di un quadro giuridico all'avanguardia contro il cyberbullismo. Bruxelles prenda esempio, anziché dare lezioni», avvertono le europarlamentari leghiste Isabella Tovaglieri, Simona Baldassarre e Annalisa Tardino. Anche perché è il testo della raccomandazione Ue a essere di una violenza ideologica intollerabile e di una cretineria dannosa per l'intelligenza. 

 

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