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Gli eserciti europei fanno pena, la conferma nel report: se non ci fossero gli Stati Uniti...

Maurizio Stefanini
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Meno male che c'è la Nato, meno male che c'è di mezzo l'Ucraina che ha mostrato tutta questa insospettabile capacità di resistenza, se no l'esercito di Putin si farebbe dell'Unione Europea un solo boccone, per quanto le sue forze armate sono messe male. Lo ammette la stessa Commissione Europea in un rapporto che denuncia «gli effetti negativi di decenni di basse spese per la difesa».

Da cui l'esortazione a rafforzare al più presto le capacità militari, dal momento che l'aggressione russa contro l'Ucraina «ha sostanzialmente deteriorato il panorama della sicurezza nell'Unione europea». Ma chiede che ciò avvenga in maniera coordinata e chiede a Bruxelles il compito di organizzare e favorire il riarmo per garantire che le più gravi carenze degli eserciti europei siano coperte.

Nell'elenco delle carenze, stilato dal braccio esecutivo dell'Ue su richiesta del Consiglio europeo, ci sono difese aeree per proteggere le città o infrastrutture chiave da attacchi di missili, droni di sorveglianza, aerei da combattimento, carri armati, forze navali. A questa mancanza di armi su larga scala si aggiungono ostacoli alla mobilità e alla logistica, l'assenza di una rete di connettività satellitare con copertura europea e crittografata, buchi nella sicurezza informatica, e adesso anche carenza di munizioni, vista la gran quantità che è stata mandata agli ucraini. Insomma una situazione insostenibile, visto «l'aumento delle minacce alla sicurezza». La guerra del presidente russo Vladimir Putin contro l'Ucraina ha rivelato «gli effetti negativi, non solo di anni, ma decenni, della bassa spesa per la difesa in tempo di pace». Bruxelles calcola che la spesa europea per la difesa, che era di circa 200 miliardi di euro l'anno prima della guerra in Ucraina, aumenterà di circa altri 60 miliardi l'anno, se i 21 Paesi dell'Unione che fanno parte della Nato raggiungeranno l'obiettivo di investire nella difesa l'equivalente di 2% del Pil. In ogni caso, la Commissione dà per scontato che «l'Europa sta affrontando il più grande aumento della spesa militare negli Stati membri dalla fine della seconda guerra mondiale».

Mala Commissione teme che questo pur massiccio investimento sarà inutile se sarà effettuato su scala puramente nazionale: senza contare il rischio di beneficiare industrie non comunitarie, senza dare priorità allo sviluppo di progetti continentali.

«Purtroppo, i precedenti aumenti di spesa hanno dato risultati molto inferiori ai nostri alleati e, cosa molto peggiore, ai nostri rivali», afferma il documento in riferimento agli acquisti dagli Stati Uniti. Il testo indica a titolo di esempio che nel 2020, anno che già registrava un'espansione della spesa militare, gli investimenti congiunti erano solo dell'11%: lontano dal 35% che l'Ue si è posta come obiettivo.
Ursula Von der Leyen presenterà al Consiglio europeo diverse proposte per incoraggiare lo sviluppo di una politica di difesa europea e porre fine all'attuale frammentazione e incoraggiare cooperazione. Al fine ci sarà un vertice straordinario a fine mese e un altro ordinario a giugno. 

Per le necessità più urgenti, come ricostituire le scorte di munizioni svuotate per aiutare l'Ucraina, la Commissione propone acquisti congiunti, come ha fatto con i vaccini per il covid-19 e come vuole fare con la fornitura di gas. Per evitare «una corsa agli ordini, che provocherebbe una spirale di prezzi e l'impossibilità per gli Stati più esposti di reperire il materiale necessario». Ma anche nel lungo periodo «gli acquisti congiunti devono diventare la norma invece di essere l'eccezione». Anche il neocostituito Fondo europeo perla difesa, dotato di 8 miliardi di euro fino al 2027, dovrebbe essere ampliato e riformato in modo da poter finanziare tutte le fasi del ciclo produttivo delle armi e non solo, come avviene ora, fino alla fase del prototipo. Si suggerisce addirittura una rinegoziazione dei bilanci comunitari per il periodo 2021-2027. 

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