Fa caldo? Certo che sì: è estate. È cambiato il clima? Certo che sì: cambia da sempre. E allora? E allora quello che non va bene – e che va respinto – è il tentativo di uso politico del clima da parte della sinistra, a Bruxelles come a Roma. Una combinazione di utilizzo della paura, demonizzazione di ogni sfumatura di dubbio, e – ecco il punto più pericoloso – spaccio di ricette socialiste con il pretesto dell’ecointegralismo.
Partiamo dal terrore che viene diffuso a piene mani. La realtà è che ormai il project fear, l’uso sistematico della paura, è un format applicabile a qualunque circostanza: se voti Brexit, sarà la fine del mondo; se vince Trump, finisce la democrazia. E via spaventando, terrorizzando, caricando tutto di valenze estreme. E inutile dire che la killer application di questa tecnologia sociale è proprio l’ecofondamentalismo, il talebanismo green, ambito in cui l’uso della paura (moriremo tutti: e già il nome “Ultima generazione” scelto da uno dei gruppi più scatenati allude alla fine del mondo imminente) si accompagna a un approccio parareligioso: abbiamo peccato contro la Terra, la Natura si vendica, dobbiamo pentirci, dobbiamo decrescere. Capite bene che, dinanzi a un simile dogmatismo, non c’è razionalità che tenga, non c’è argomento fattuale, non c’è nemmeno dibattito possibile. Lo stesso futuro di deindustrializzazione, la perdita quasi certa di posti di lavoro, l’impoverimento dei ceti medi sono “dettagli” rispetto all’immensità del Male che abbiamo commesso e dal quale dobbiamo emendarci.
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"La proposta della Commissione europea di fissare il target di diminuzione delle emissioni del 90% al 2040, è...Poi c’è la parte di attacco al dubbio, di persecuzione morale del dissenziente. Noi dovremmo sorbirci questa dimensione mistica da religione farlocca (la cui profetessa, ovviamente, è Greta Thunberg). Di più: dovremmo continuare ogni sera ad ascoltare in tv le scene isteriche dell’ultimo militante ecosvalvolato, mentre dovrebbe esserci preclusa la possibilità di valutare voci dissenzienti “colpevoli” di contestare i dogmi green. Vada sé che lo slittamento logico sia inesorabile: chi ha un dubbio è un “negazionista”; il “negazionista” non deve poter disporre di microfoni o tribune; nella migliore delle ipotesi, fa perdere tempo; nella peggiore, sarà forse prezzolato e a libro paga dei produttori di fonti fossili. Invece, chi oggettivamente porta l’Occidente a infilare la testa nella bocca del drago cinese deve essere un benefattore.
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Peraltro, non c’è solo la questione del free speech. Esiste anche una devastante incognita economica e sociale, con una sempre più inquietante propensione di molti a spingere per soluzioni uniche calate dall’alto. Parlerei di una pericolosissima combinazione di dogmatismo e dirigismo. Anzi, andiamo dritti al punto: c’è un tentativo di rifilarci per questa via ricette socialiste come quelle partorite a Bruxelles nella scorsa legislatura dall’ineffabile Timmermans, e tuttora non cestinate né dalla Von der Leyen né dalla temibile spagnola Ribera.
Non nascondiamocelo. Il tremendismo climatico e l’estremismo green possono rappresentare una grande occasione per la politica di dirigere l’economia, di “scegliere i vincitori” costruendo alleanze con i settori produttivi e le imprese “premiate”. Il tutto a spese di contribuenti e ceto medio, destinatari di una depilazione a secco. Una volta si bastona l’auto, un’altra la casa, e così via. In sostanza, siamo davanti a un ennesimo tentativo di cercare un’occasione per imporre le ricette anti-liberali di sempre: socialismo, pianificazione, decisioni imposte dall’alto autoritativamente e per tutti.
Come si vede, l’ecoterrore produce effetti più preziosi dell’oro perla sinistra: demonizzare gli altri (la destra “indifferente” o “negazionista”) e mobilitare i propri (la sinistra “sensibile”), regalando a questo secondo fronte una bandiera “buona” sotto la quale radunarsi e farsi coraggio. Resta un ultimo (e infame) dettaglio, che non vi sarà certo sfuggito: l’uso della parola “negazionismo”. Quando ha di fronte i negazionisti veri (i nemici degli ebrei, cioè quelli che chiudono gli occhi davanti alla ripetizione per mano di Hamas degli orrori di ottant’anni fa, in un ideale passaggio di testimone tra nazismo e nazi-islamismo), la sinistra quella parola non la vuole usare. Quando invece viene utile in salsa green per criminalizzare gli avversari, allora il termine “negazionisti” torna di moda. È l’ora di smascherare questa impostura.