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Confapi, l'indagine congiunturale sulla siutazione delle aziende associate

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IL CAMPIONE
Lo studio è stato condotto attraverso interviste mirate ad un campione rappresentativo di imprese che aderiscono al sistema Confapi dislocate sull’intero territorio nazionale. Il campione è costituito prevalentemente da Industrie manifatturiere dei settori della meccanica, della chimica, del tessile, dell’edilizia, dei trasporti, dell’agroalimentare, del legno arredo e dei servizi.

Localizzazione geografica
Le imprese sono localizzate per il 66,13% nel Nord del Paese e in particolare il 33,42% nell’area Nord Ovest e il 32,71% nell’area del Nord Est. Le imprese del Centro e del Sud Italia costituiscono il restante 33,87% dell’intero campione.

Classe dimensionale
Il 32,61% delle imprese che hanno partecipato all’indagine hanno fino a 19 addetti. Il 27,17% è rappresentato da imprese che hanno da 20 a 49 addetti mentre dai 50 ai 99 addetti sono il 22,83%. Le aziende di grandi dimensioni rappresentano il 3,26% delle imprese intervistate.


Classe di fatturato
Se analizziamo le dimensioni aziendali, prendendo come riferimento la classe di fatturato, la percentuale maggiormente significativa è rappresentata da imprese che fatturano dai 2 ai 20 milioni di euro che rappresentano il 51% dell’intero campione.

ANALISI DATI
La maggior parte delle Pmi italiane sono caratterizzate da un elemento comune: una storia imprenditoriale a conduzione familiare. Il dato è confermato dal oltre il 50% delle imprese da noi intervistate che hanno dichiarato che la gestione aziendale è affidata principalmente all’imprenditore titolare dell’impresa (30,43%) o da uno o più familiari (23,19%). Interessante però è il dato che evidenzia come il 23% del campione ha inteso affidare la gestione aziendale ad un board composto da soggetti esterni alla famiglia (15,94%) e da un manager (7,25%) con ciò dimostrando che anche le piccole e medie imprese hanno compreso l’importanza di dotarsi di figure altamente qualificate per accompagnare i processi di rinnovamento organizzativo e produttivo.

Abbiamo chiesto inoltre ai nostri imprenditori l’impatto che ha avuto l’epidemia sulla loro attività aziendale. Il 43% di essi riferisce che si è trattato di un impatto gestibile tant’è che hanno apportato solo modeste variazioni ai piani aziendali. A ciò si contrappone circa il 30% del campione che invece ha riscontrato dei contraccolpi “significativi” e “severi” tanto da dover rivedere i piani aziendali e riprogrammare gli obiettivi prefissati.

Per contrastare gli effetti del coronavirus circa il 32% degli imprenditori ha operato mediante un contenimento dei costi di struttura, mentre il 16,67% ha differimento o cancellato gli investimenti pianificati ma non avviati e il 5,6% quelli in fase di realizzazione.

Le imprese che hanno selezionato la voce “Altro” segnalano invece interventi per migliorare l'organizzazione aziendale mediante l’applicazione di norme anti covid, finanziamenti di spot pubblicitari e pubblicità sugli organi di stampa locali e un’accurata gestione di cash flow.
La quasi totalità del campione intervistato ha registrato delle difficoltà relative alle materie prime. L’82,6% delle imprese segnala un aumento decisivo dei costi, il 63,7% ha difficoltà di approvvigionamento e oltre il 40% riscontra un aumento dei relativi costi di trasporto. Ci sono anche imprese (27,54%) che registrano una carenza nel reperire le materia prime.


Sotto il profilo occupazionale, il 43,48% del campione dichiara che nei prossimi 12 mesi non vi saranno variazioni dell’organico aziendale mentre quasi il 22% ritiene ancora prematuro fare delle previsioni. Positivo è il riscontro di circa il 25% delle imprese che hanno in previsione delle nuove assunzioni.

Sulle prospettive di mercato, più di un terzo degli imprenditori vede all’orizzonte un incremento dell’attività economica in leggera crescita (33,32%) e in forte rialzo (5,8).

È stato chiesto agli imprenditori come le imprese stanno rispondendo alle sfide di trasformazione e innovazione che caratterizzano lo scenario attuale. La percentuale maggiore di imprese è in fase di pianificazione o realizzazione di trasformazione digitale dei processi produttivi (60,59%), trasformazione digitale dei processi di comunicazione, marketing e vendita (45,07%), innovazione del modello di business (46,38%), transizione verso la sostenibilità e l’economia circolare (43,48%), trasformazione del modello organizzativo e della gestione delle risorse umane (50,72%) e adeguamento delle competenze del personale dipendente (57,97%).

Per affrontare tali sfide le aziende dispongono di competenze tecniche di nuova generazione (49,28%) e di competenze manageriali di livello intermedio (30,43%), ma ci dicono anche che, nell’immediato futuro, avranno bisogno di competenze in ambito tecnologico e digitale (62,32%) e di competenze sulla transizione ecologica e sull’economia circolare (21,74%).

Le aziende segnalano inoltre la necessità di avvalersi di figure professionali che abbiano competenze di progettazione e tecnici specializzati nel montaggio degli impianti.
Le piccole e medie imprese del sistema Confapi hanno in media 2,7 manager per azienda. Le imprese che hanno indicato di avere manager dichiarano per il 71% di impiegare tali professionalità nella direzione aziendale, oltre il 42% nell’area marketing, commerciale e vendita e circa il 34% nell’area tecnico/progettazione.

Le imprese che hanno indicato la voce “Altro” impiegano manager nell’area
qualità e acquisti.

Le aziende segnalano inoltre di aver assunto prevalentemente innovation manager (23,81%) ed export manager (26,19%) e il 35,29% di esse ad oggi ha difficoltà a prevedere nuove assunzioni di manager nel prossimo biennio.

Il 20% delle aziende che invece prevedono di assumere nuovi manager nel prossimo biennio li impiegheranno prevalentemente nella direzione aziendale (28,75%), nell’area marketing, commerciale e vendita (28,68%) e nella area tecnica di produzione (28,29%).

Le medesime aziende dichiarano che tra queste nuove assunzioni saranno ricompresi innovation manager (57,14%) e export manager (28,57%).

La tipologia contrattuale che si prevede di utilizzare per l’assunzione dei nuovi manager è il classico contratto di dirigente a tempo indeterminato (42,86%) seguito dal quadro superiore (28,57%).

Le aziende che hanno dichiarato l’impossibilità al momento di dotarsi di nuove figure manageriali, segnalano che il freno maggiore è costituito dal costo aziendale eccessivamente elevato (37,50). In percentuale minore (12,5%) ritengono al momento sufficienti i dirigenti impiegati, oppure che la gestione manageriale è in capo alla famiglia.
 

Per le aziende che non potranno dotarsi di competenze manageriali nei prossimi anni si paventa il rischio di dover fare investimenti consistenti nella formazione delle risorse umane (36,23%) e faranno fatica ad affrontare i cambiamenti tecnologici e digitali in atto (30,43%).

Sulla conoscenza della figura del quadro superiore le aziende interpellate dichiarano di non conoscere ancora appieno tale tipologia di manager.

Anche con riferimento alla figura del Professional la maggior parte del campione riferisce di averne una conoscenza limitata.

Infine è stato chiesto agli imprenditori di indicare quale tipologia di
strumentazione informatica è dotata l’azienda.


FOCUS INDAGINE CONFAPI SU SITUAZIONE AZIENDE ASSOCIATE
MATERIE PRIME
    L’82,6% delle imprese intervistate lamenta nell’ultimo anno un aumento considerevole dei costi delle materie prime che sta impattando negativamente sull’attività aziendale.
    Il 64% del campione registra problemi di approvvigionamento delle materie prime.
    Il 40% dichiara un notevole aumento anche dei costi di trasporto.


TRANSIZIONE TECNOLOGICA E GREEN

    A dimostrazione della capacità di adattamento delle Pmi alle nuove sfide digitali e green, il 60,5% delle imprese intervistate ha dichiarato che sta pianificando o già realizzando investimenti nella trasformazione digitale dei processi produttivi.
    Il 43,48% delle imprese inoltre sta facendo convergere gli investimenti verso una maggiore sostenibilità ambientale, confermando una spiccata sensibilità verso strumenti e azioni che valorizzano le “ricchezze” dell’ambiente nel rispetto e nella tutela del territorio in cui l’azienda stessa opera.
    Una percentuale considerevole di imprese sta innovando il proprio modello di business (46,38%) così come i processi di comunicazione, marketing e vendita (45,07%). Questi cambiamenti comportano inevitabilmente una trasformazione dei modelli organizzativi e della gestione delle risorse umane per più del 50% del campione, legata anche ad un adeguamento delle competenze del personale dipendente (57,97%).
    Le aziende dichiarano di aver bisogno di competenze tecniche di nuova generazione (49,28%), ma anche e soprattutto di competenze in ambito tecnologico ed esperti nella transizione ecologica e sull’economia circolare (21,74%).
 
MANAGERIALIZZAZIONE PMI
    Il processo di rinnovamento tecnologico, lo sviluppo di un mercato sempre più globalizzato e le nuove sfide lanciate con il Pnrr richiedono figure sempre più professionali capaci di accompagnare le imprese in un percorso di crescita e di maggiore competitività internazionale. Le figure manageriali più richieste sono quelle in grado oggi di governare i processi produttivi e organizzativi, rispondendo alle esigenze di innovazione.
    Nell’ultimo biennio le imprese hanno investito in capitale umano altamente qualificato assumendo prevalentemente innovation manager (23,81%) ed export manager (26,19%).
    A causa dell’incertezza economica del momento, il 20% degli intervistati dichiara l’intenzione di assumere nuovi manager nei prossimi due anni. Le figure manageriali che la faranno da padrone sono l’innovation manager (57,14%), l’export manager (28,57%) e i manager per la sostenibilità e l’economia circolare (14,3%).
    Le aziende che al momento non hanno in previsione assunzioni di nuovi manager sono consapevoli che nei prossimi anni dovranno sostenere investimenti consistenti nella formazione delle risorse umane (36,23%) altrimenti faranno fatica ad affrontare i cambiamenti tecnologici e digitali in atto (30,43%).


EFFETTI COVID 19 e RIMEDI
    Il 30% delle imprese intervistate ha affermato di aver subito gravi danni a causa della pandemia tanto da dover rivedere i piani aziendali, riprogrammarne gli obiettivi e mettere in campo strumenti di flessibilità organizzativa.
    Il 43% degli imprenditori ha invece ritenuto gestibile l’impatto pandemico sull’attività aziendale, limitandosi ad apportare solo modeste variazioni all’organizzazione interna.
    Una percentuale minima di aziende (9%) non ha risentito affatto degli effetti della pandemia.
    Per contrastare gli effetti del Coronavirus circa il 32% degli imprenditori ha operato mediante un contenimento dei costi di struttura, mentre il 16,67% ha differito o cancellato gli investimenti pianificati ma non avviati e il 5,6% quelli in fase di realizzazione.
 

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