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Piercamillo Davigo e i verbali di Amara sulla loggia Ungheria: "Il mio errore è stato fidarmi di lui"

Piercamillo Davigo

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Piercamillo Davigo, ex pm del pool Mani Pulite, è ora indagato a Brescia per rivelazione del segreto d'ufficio. Nell'aprile 2020 infatti il pm Storari gli consegnò i verbali segreti di Amara, ex avvocato esterno Eni, sulla presunta Loggia Ungheria che coinvolgeva toghe e alti burocrati dello Stato. Dichiarazioni molto pesanti che secondo Storari andavano subito appurate e che invece si scontrarono con "l'immobilismo investigativo dai vertici della Procura di Milano". Oggi, 24 luglio, in una intervista a il Corriere della Sera, Davigo cerca di spiegare perché non avvisò in modo formale il Csm di questa "stasi investigativa" sui verbali di Amara. "Se la procedura da seguire non consente di mantenere il segreto, allora non si può seguire. Al Csm, nonostante le cautele adottate, vi era stata la dimostrazione pochi mesi prima sulla notizia dell'indagine perugina su Palamara. Nell'aprile 2020 Storari mi descrisse una situazione grave, e cioè che a quasi 4 mesi dalle dichiarazioni di Amara su un'associazione segreta i suoi capi non avevano ancora proceduto ad iscrizioni, che il codice invece richiede 'immediatamente'. Per evitare possibili conseguenze disciplinari gli consigliai di mettere per iscritto. Pure se una Procura non crede a un dichiarante, non può sottrarre al controllo del gip la notizia di reato: deve iscriverla e poi chiede l'archiviazione. Storari mi diede file word del pc a supporto della memoria".

 

 

Prosegue l'ex pm ed ex consigliere del Csm: "A inizio maggio Storari mi disse che nulla era cambiato e anzi che Greco (a capo della Procura di Milano, ndr) lo aveva rimproverato per la sollecitazione. A questo punto ritenni urgente avvisare il Csm. E informai il vicepresidente Ermini. In uno dei colloqui successivi glieli diedi, stampati, tutti quelli che avevo, 'così li puoi consultare'. Anche perché venivano chiamati in causa consiglieri sia del Csm in carica sia del precedente. Ermini convenne sulla serietà e gravità della situazione".

Insomma, continua Davigo: "Nessuno si è sognato di dirmi di formalizzare. Non lo fece Ermini e non lo fece Salvi. Se mi avessero chiesto di formalizzare, avrei fatto subito una relazione di servizio. Salvi, se riteneva irregolare la procedura, essendo titolare dell'azione disciplinare e anche autorità giudiziaria e anche vertice della magistratura inquirente, poteva e doveva interrogarmi subito come persona informata sui fatti".

 

 

Invece "non lo ha fatto, salvo poi prendersela con Storari". L'errore, osserva Davigo, è stato quello di fidarsi: "Se mai forse ho sbagliato io a illudermi che l'intervento del procuratore generale, cioè la telefonata a Greco, dopo la quale almeno fu iscritta a Milano la notizia di reato, potesse aver avviato a risoluzione la questione. La verità è che Storari in un Paese serio sarebbe destinatario di un encomio per aver cercato di fare rispettare la regola, invece è sconfortante sia sottoposto ad azione disciplinare".

E conclude amaro: "Forse ho compromesso la mia permanenza al Csm. Ma non potevo non riferire a chi di dovere una situazione gravissima che Storari mi aveva segnalato nel mio ruolo istituzionale. Io credo di aver servito con disciplina e onore la giustizia. E non credo sarà questa accusa, infondata, a sporcare 42 anni di servizio". 

 

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