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Carlo Nordio sulla riforma della giustizia: "Bonafede cancellato, addio manettari", perché il M5s ha perso

Fausto Carioti
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A febbraio, intervistato da Libero, Carlo Nordio, ex pm e giurista di cultura liberale, aveva lanciato un appello a MarioDraghi e MartaCartabia: niente «compromessi pasticciati» sulla riforma della giustizia. Adesso,  a cose fatte, dice che «è andata come doveva andare. L'obiettivo era assicurare all'Europa che stavamo cambiando rotta sulla giustizia, per ottenere gli aiuti economici. Risultato raggiunto, quindi bene».

Prima del varo della riforma lei aveva definito la ministra Marta Cartabia «la migliore dai tempi di Guido Gonella». Giudizio impegnativo. Lo conferma?

«Sì. Ha fatto ciò che le si chiedeva di fare, e quindi ha dimostrato di essere all'altezza del compito. L'Italia ha avuto alcuni ministri della Giustizia altrettanto titolati e prestigiosi, che però sono stati deludenti nel raggiungere gli obiettivi. E poiché la politica si giudica non dalle intenzioni, ma dai risultati, confermo che ritengo Marta Cartabia la migliore dai tempi del grande Guido Gonella».

Come esce da questo provvedimento la prescrizione di Alfonso Bonafede, che lei, dottor Nordio, aveva definito «un mostro giuridico da eliminare tout court»?

«La riforma Bonafede è stata di fatto cancellata, e questo è ciò che davvero conta».

Eppure, almeno ufficialmente, i Cinque Stelle rivendono l'ultima versione della riforma come una loro mezza vittoria.

«Quando Kennedy costrinse Kruscev a togliere i missili da Cuba, diffidò i suoi dal gridare al trionfo: l'importante era aver eliminato la minaccia. Sei grillini sono contenti, perché infierire?».

Però è vero che il primo testo era diverso. Quello votato dal parlamento dopo le modifiche concordate in consiglio dei ministri prevede - cito il ministro Cartabia - «una norma transitoria per arrivare con gradualità ai termini che ci siamo dati», e soprattutto un «regime particolare» peri reati di mafia, terrorismo, traffico internazionale di stupefacenti e violenza sessuale, per i quali il giudice potrà prorogare i termini della prescrizioni. Lo ritiene un passo avanti o un passo indietro rispetto alla prima versione?

«Sono aggiustamenti che non faranno né male né bene. Questa riforma non influirà molto sulla lunghezza dei processi, salvo aver eliminato l'obbrobrio della loro eterna durata introdotta da Bonafede. Ma ciò che conta è aver dato un segnale all'Europa per ottenere gli aiuti necessari».

 

 

 

 

Eppure lo scopo finale di tutta la riforma, anche negli accordi presi con Bruxelles, è proprio quello di ridurre drasticamente i tempi dei processi.

«Con tutto il rispetto per le affermazioni ufficiali del nostro governo, insisto nel pensare che lo scopo fondamentale fossero gli aiuti economici. La drastica riduzione dei tempi dei processi si può ottenere solo con una rivoluzione copernicana: cambiare la Costituzione per consentire un vero sistema accusatorio liberale, quindi introdurre la discrezionalità dell'azione penale e la sua ritrattabilità; limitare i poteri di iniziativa dei pm, che spesso sperperano tempi e risorse per inventarsi indagini fasulle; responsabilizzare gli uffici sulla gestione delle spese di giustizia. E naturalmente introdurre una radicale depenalizzazione. Tutte cose che tuttavia non erano negli obiettivi, e tantomeno nelle possibilità della ministra. Anche perché le riforme non le fa il governo, ma il parlamento».

Resta il fatto, dottor Nordio, che proprio di molte cose auspicate da lei e da altri non c'è traccia. La riscrittura del codice Vassalli, l'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale... Tutto materiale per un altro governo, nella prossima legislatura?

«Sì. Questo Parlamento non ha il tempo, né tantomeno la possibilità e l'intenzione di fare questo tipo di riforme, quindi bisogna attendere il prossimo. Sempreché, naturalmente, la sua composizione sia orientata verso un vero sistema garantista, efficiente e liberale».

I sindaci però aspettavano l'abolizione del reato d'abuso d'ufficio, o una sua profonda riforma. E l'aspettavano adesso.

«Certo, e avevano ragione, perché oggi sono tutti minacciati dall'incombere di indagini per reati evanescenti, come appunto l'abuso di ufficio e il traffico di influenze. Questi reati andrebbero aboliti e basta, e le assicuro che non ci sarebbe un vuoto di tutela nei confronti degli amministratori infedeli e corrotti, perché le leggi residue bastano e avanzano. Tuttavia questa abolizione non era stata inserita nel progetto Cartabia, e ciò è stato un errore».

Hanno provato a rimediare in extremis i parlamentari del centrodestra, con un emendamento alla riforma sul quale il governo aveva espresso parere favorevole.

«E questo ha peggiorato le cose, perché così si è data l'impressione di voler modificare il reato, cambiando la nozione di pubblico ufficiale, per favorire Berlusconi nei suoi processi a Milano. Un grave errore politico che ha compromesso ogni possibilità di continuare la discussione, ammesso che fosse possibile farlo».

 

 

Lei è tra coloro che propongono il sorteggio dei membri del Csm come arma contro le correnti della magistratura. Lo ritiene ancora possibile?

«In questa legislatura ovviamente no. Ora bisogna occuparsi del processo civile e di tante altre cose. Un sorteggio vero richiederebbe una riforma costituzionale, un sorteggio "a metà" richiederebbe un consenso che in questo parlamento non c'è. Speriamo quindi nel prossimo parlamento, e soprattutto nel referendum».

Infatti lei ha firmato per i sei referendum proposti da Lega e Radicali. Crede che la riforma del Csm, la separazione delle carriere e altri interventi di simile portata possano essere introdotti per via referendaria?

«Il referendum in quanto tale non può introdurre nuove leggi, ed alcuni quesiti sono formulati in modo tecnicamente discutibile. Ma questo non conta nulla rispetto all'importanza politica ed etica che un successo del referendum potrebbe rivestire: un messaggio fortissimo, da parte del Paese, che questa giustizia è irrimediabilmente malata e va cambiata da cima a fondo, con una rivoluzione copernicana».

Il prossimo passo sarà la riforma del processo civile.

«È la riforma più importante. In questo momento l'emergenza è essenzialmente economica e la lentezza delle cause impatta sull'economia ancora di più di quella dei processi penali, perché impedisce gli investimenti degli stranieri in Italia, e favorisce la fuga all'estero degli investimenti degli italiani».

Quali norme sono indispensabili in quel testo?

«Non ho ancora letto cosa prevede il progetto Cartabia in tal senso. Mi limito a dire che questa riforma è assai più facile di quella del processo penale per due ragioni. La prima è di ordine tecnico: è sufficiente copiare il sistema che funziona meglio, cioè quello tedesco. La seconda è di ordine politico, perché si tratta di una riforma meno connotata ideologicamente, e quindi meno divisiva».

 

 

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