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Gregoretti, Matteo Salvini innocente: spunta la lista dei senatori "colpevoli" e "spariti", un caso politico

Antonio Rapisarda
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Abbiamo atteso 24 ore dalle parole scolpite dal Gup di Catania sul caso Gregoretti, nella vana attesa di un segnale. Quale? Un accenno, una mezza autocritica da parte dei 152 che, votando il 12 febbraio del 2020 al Senato l'autorizzazione al processo a carico di Matteo Salvini, hanno creduto di risolvere il problema politico rappresentato dal leader della Lega appaltando alla magistratura la "pratica". Come previsto, nessuno fra questi - ossia fra i senatori di Pd, Italia Viva e ovviamente fra gli ex alleati del M5S - è intervenuto per esprimere una parola di pentimento a riguardo. Eppure se siamo arrivati a questo punto, a un leader dell'opposizione mandato a processo (come avverrà poi sul caso Open Arms), assecondando la richiesta del Tribunale dei ministri dopo che la stessa accusa aveva chiesto l'archiviazione per il reato di sequestro di persona, è proprio perché gli avversari hanno letteralmente provato ad incastrare Salvini.

 

 

LE DICHIARAZIONI
A rileggere le dichiarazioni della vigilia, dopo la valutazione incontrovertibile del Gup sull'innocenza dell'ex ministro, risulta ancora più plastica la volontà di cercare la scorciatoia giudiziaria per mettere a tacere l'avversario. Caso di scuola è Nicola Zingaretti. «Sui processi il Pd non voterà mai sulla base di un giudizio politico, ma solo sulla base della valutazione delle carte processuali», tuonava l'allora segretario del Pd moraleggiando sulla necessità di autorizzare il processo come se si trattasse di una questione di "classe": «Si deve fare così per le persone normali e si deve fare così anche per i potenti». E in obbedienza alla volontà del leader a Palazzo Madama, in nome della truppa dei vari Marcucci, Fedeli e Zanda, interveniva in Aula il semisconosciuto Dario Parrini: «Non fu sulla base di una ragion di Stato che il ministro Salvini agì, ma fu, come al solito, sulla base di una ben più bassa ragion di partito, che è un'altra cosa».

 

 

Leggano a proposito, Zingaretti e compagni, la sentenza del magistrato che scagiona totalmente Matteo: «L'imputato ha agito non contra ius bensì in aderenza alle previsioni normative». Anche il senatore "semplice" Matteo Renzi, in altre circostanze strenuo difensore dell'autonomia della politica, ai tempi liquidò sbrigativamente la questione: «È una cosa schifosa che Salvini abbia tenuto in mare dei poveri disgraziati. Ma non sono io che devo decidere se ha commesso un reato, io devo decidere se deve andare a processo. E voterei sì». Come ha fatto insieme alla pattuglia di Iv. Anche qui, messaggio per l'ex rottamatore da parte del Gup: «Non può essere addebitata (a Salvini, ndr) alcuna condotta finalizzata a sequestrare i migranti per un lasso di tempo giuridicamente apprezzabile». Stessa lezione vale pure per Emma Bonino e Pietro Grasso. L'ex presidente del Senato non risparmiò strali nei confronti del leghista: «Ricordiamo quei giorni dominati dall'euforia di un ministro che riteneva di essere al di sopra della legge (...). L'unico obiettivo era quello di spaventare l'Europa con un ricatto (...). Per farlo era disposto ancora a negare i diritti fondamentali di 131 esseri umani». Non la pensa così il magistrato secondo il quale l'azione dell'ex ministro, così come - udite udite - «l'azione della ministra Lamorgese, si è snodata sotto una ben definita copertura politica e normativa».

 

 

PENTASTELLATI
Ciliegina sulla torta i grillini: fautori del clamoroso voltafaccia in Senato nei confronti dell'ex alleato. Fuori dal Senato Luigi Di Maio teorizzava così la doppia morale: «La vicenda Diciotti (perla quale i grillini votarono contro la richiesta del Tribunale dei ministri, ndr) fu una decisione di governo, quella sulla Gregoretti fu propaganda del ministro Salvini». Non è da meno un altro ex ministro giallo-verde, Danilo Toninelli: «Salvini a parole faceva il duro e diceva agli italiani di difendere i confini. Negli atti giudiziari scarica la responsabilità ad altri ma la legge dice chiaramente che era sua». Parliamo dello stesso Toninelli che qualche mese (e un governo) prima si sbracciava per dire che «non Salvini, ma Salvini assieme al sottoscritto e a Conte abbiamo diminuito, con una cifra veramente enorme, il numero degli sbarchi». Tesi confermata non solo dalla sentenza del Gup ma anche dal famoso video di Giuseppe Conte quando, proprio sul caso Gregoretti, ammetteva il pieno coinvolgimento: «A livello di presidenza, abbiamo sempre lavorato per ricollocare e consentire poi lo sbarco». E se lo dice lui... 

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