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Carlo Nordio, il sospetto: "Se l'invito a comparire a Berlusconi uscì dalla procura, va riscritta la storia"

Serenella Bettin
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Carlo Nordio, classe 1947, magistrato ora in pensione, ex procuratore aggiunto di Venezia, non è di certo uno qualunque. È colui che ha alle spalle le indagini di Mani Pulite, le Brigate Rosse; è il titolare dell'inchiesta Mose. E ora a trent' anni esatti da Tangentopoli, il 17 febbraio prossimo, esce il suo libro. Giustizia Ultimo Atto. Da Tangentopoli al crollo della magistratura. «Tangentopoli era la malattia - scrive - e Mani Pulite la cura. Anche se quest' ultima, come spesso capita, si è rivelata più dannosa della prima».

"Giustizia Ultimo Atto". Perché questo titolo?

«Perché la giustizia è al capolinea. Il discredito del Csm, le lotte intestine tra correnti, le ulteriori rivelazioni di Palamara, l'incertezza del diritto, la lunghezza dei processi, la devastazione delle nostre prerogative costituzionali attraverso l'invasività delle intercettazioni poi sapientemente tagliate e divulgate, e tante altre anomalie richiedono una radicale rivoluzione del nostro sistema giudiziario».

Cosa lega Mani Pulite al Sistema portato alla luce dal libro del nostro direttore Alessandro Sallusti e di Luca Palamara?

«L'aspetto più allarmante è stato quello rivelato dal direttore Sallusti a Porta a Porta martedi sera: l'invito a comparire notificato a Berlusconi a Napoli era stato divulgato dai magistrati di Milano. Se così è, si tratterebbe di un reato grave sul quale nessuno ha indagato, e che imporrebbe una totale rilettura di quel periodo. Del resto lo stesso Palamara ha confermato, nella stessa trasmissione, che vi era una volontà da parte di alcune toghe di colpire il primo ministro per ragioni politiche. Una vera e propria prostituzione della giustizia».

Prostituzione della giustizia. Come è crollata la magistratura da Tangentopoli?

«È crollata per eccesso protagonismo e di arroganza da parte di alcuni settori politicizzati della magistratura. Questo purtroppo ha coinvolto l'intero complesso di magistrati che non si merita una simile delegittimazione, perché fa il proprio dovere lavorando in silenzio, tra mille difficoltà operative».

Mani Pulite aveva coeso un po' tutti i magistrati. Quali le analogie e le differenze tra Tangentopoli e il Sistema?

«All'inizio avevamo scoperto quel sistema di corruzione generalizzata che ci aveva sorpresi e disgustati. Io stesso, tra il '92 e il '94, ho talvolta usato la mano pesante nella carcerazione perché l'allarme sociale suscitato dai reati che stavamo scoprendo non ci lasciava altra scelta. Poi però la situazio- . ne è degene' rata, e alcuni magistrati si sono sentiti investiti di una missione salvifica e redentrice, e si sono sostituiti al potere politico. Questo pericolo l'avevo già denunciato nel mio primo libro, "Giustizia" del 1997. Per tutta risposta sono stato chiamato dai probiviri dell'Anm a rispondere delle mie affermazioni. Li ho mandati al diavolo, ma l'intimidazione c'è stata».

 

Quali le colpe della politica? A favorire una magistratura così politicizzata del resto sono stati giornalini di sinistra e politici, non trova?

«La colpa della politica è stata l'acquiescenza supina ai diktat della magistratura, e la ritirata codarda davanti all'invasione di campo di questa. Nel mio libro in questi giorni ricordo che i ministri Conso e Biondi furono costretti a ritirare i loro decreti a seguito delle proteste di alcune toghe. Un fatto inconcepibile in una democrazia».

Perché dopo l'uscita del libro di Alessandro Sallusti non si provvede anuscita in L'ex magistrato Carlo Nordio, classe 1947, ha guidato anche le inchieste su Coop rosse e Mose (LaPresse) cora a scardinare un Sistema malato di cancro?

«Perché i vertici della magistratura associata sono conservatori e autoreferenziali, e la politica non ha ancora il coraggio di intervenire. Solo il referendum prossimo può costituire un messaggio del popolo per cambiare le cose».

 

Cosa dobbiamo aspettarci?

«Possiamo aspettarci qualche colpo di coda di qualche procura per distrarre l'attenzione dalla crisi in cui versa il giacobinismo giudiziario. Ma oggi questi signori sono sulla difensiva, e saranno prudenti. È questo il momento per la politica di riprender il suo ruolo legittimato dal voto popolare».

Lei si fida di questa magistratura?

«Dipende. La stragrande maggioranza dei colleghi che ho conosciuto, anche con idee diversissime dalle mie, sono preparati, onesti e imparziali. Ma certe telefonate riportate nei due libri di Palamara gettano pesanti sospetti sulle toghe più politicizzate. Credo che oggi ogni imputato avrebbe il diritto di chiedere al suo giudice se abbia ricevuto telefonate come quelle citate, e di cui nessuno avrebbe avuto conoscenza se nel cellulare di Pala mara non fosse stato inserito un trojan». Perché i cittadini dovrebbero credere nella giustizia con queste premesse? «Infatti non ci credono. Ed è questo che, dopo più di quaranta anni di magistratura, mi addolora di più».

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