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Ilda Boccassini smascherata dall'ex super-toga: "C'era anche lei". Ruby, ora tutto torna

Paolo Ferrari
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«Palamara? Non gli ho mai stretto la mano. Non l'ho mai stimato come collega»: così ha detto Ilda Boccassini. «La Boccassini dice che non mi ha mai stretto la mano perché non mi stima? Benissimo: sono fiero allora di non averle stretto la mano in vita mia. Lei non è mai stata il mio modello di magistrato», la replica di Luca Palamara. Botta e risposta a distanza, ieri, fra Ilda "la Rossa" e l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, entrambi impegnati in kermesse letterarie. Intervenendo al Festival dei libri sulle mafie di Lametia Terme, l'ex capa dell'antimafia milanese aveva voluto rispondere anche a una domanda sul sistema delle correnti in magistratura. Prima di esprimere la propria disistima per Palamara, la Boccassini aveva sottolineato che tutti gli addetti ailavori erano a conoscenza del "mercimonio" delle nomine dei magistrati. «Si sapeva da sempre che quando entri in magistratura ti devi legare ad un carro e devi avere dei numeri di telefono, tra cui quello del mitico Cosimo Ferri», esponente quest' ultimo delle toghe di destra ed ora deputato renziano. Immediata, come detto, la replica di Palamara: «Per tanti della mia generazione lei resta l'emblema di un pubblico ministero non garantista e quindi non equilibrato nei giudizi, pervaso da acredine a volte personale».

 

 


«La Boccassini - prosegue Palamara - si autoproclama estranea al sistema delle correnti quando invece lei era ben dentro il sistema di potere della magistratura, quello che determinava i fascicoli e quello che ad esempio le ha consentito di fare il processo Ruby e di avere in quegli anni la copertura dell'Anm da me presieduta».
In attesa di sapere cosa intendesse Palamara con «copertura», il fatto che le nomine venissero lottizzate dalle correnti dalla magistratura lo aveva messo a verbale lo stesso Palamara durante un interrogatorio al Consiglio superiore della magistratura, condotto dal pm antimafia Nino Di Matteo, che riguardava, ironia della sorte, proprio le nomine degli aggiunti di Milano dopo la lettura delle sue chat. Nei messaggini che Palamara si scambiava con decine di magistrati il nome della Boccassini non compare, essendo lei stata già nominata nel 2010 aggiunto a Milano. In ogni caso Palamara, verso la fine del 2017, scrive a un componente del Csm in quanto si sono liberati sei posti su otto come vice del procuratore Francesco Greco. «Allarme rosso su aggiunti Milano», messaggia l'interlocutore. «Dammi la tua cinquina», gli chiede Palamara. «De Pasquale (Fabrizio), Dolci (Alessandra) Sicilaino (Tiziana) Mannella (Letizia) e Pedio (Laura)», la risposta.

 

 


«Dovevamo relazionarci con le correnti per capire quanti posti gli spettavano», puntualizza Palamara a Di Matteo che gli chiedeva lumi al riguardo. Spesso una corrente aveva «più pretendenti», ricorda Palamara, il quale, una volta individuati i nomi, procedeva con un secondo riscontro, chiedendo alle correnti se fossero d'accordo sui nominativi altrui. Di tutto ciò veniva informato il procuratore di Milano che si vedeva a Roma con Palamara, per evitare che potesse essere nominata una persona «non gradita» al procuratore. «Altri pretendenti, può saltare la Dolci?», proseguiva poi la chat di Palamara. «Sei matto? Ti vuoi mettere contro Davigo?», replica il collega. Palamara, a tal proposito, raccontò del «rapporto molto stretto» fra la Dolci e l'ex pm di Mani Pulite. Nella spartizione, alla fine, alle toghe di sinistra andranno tre posti, Siciliano, Pedio e De Pasquale; uno, la Mannella, alla corrente di centro, e uno, appunto, in quota Davigo, la Dolci. La Commissione per gli incarichi direttivi del Csm, presieduta Palamara, guarda caso, formulò proprie queste proposte: unanimità per Siciliano e Mannella, a larga maggioranza per De Pasquale e Dolci, solo tre voti per Pedio. La sfidante di quest' ultima, Nunzia Ciaravolo, anche lei tre voti, revocò la domanda la mattina del voto finale in Plenum. 

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