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Hassan Iquiossen, i giudici salvano l'imam che insultava gli ebrei

Renato Farina
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"Accadde a Parigi il 5 agosto del 2022". I libri di storia del 2050 avranno un capitolo che inizierà con queste parole, preferibilmente in arabo, da leggere da destra a sinistra. Esagero? Magari sì, ma uomo avvisato mezzo salvato. Quella del ministro, dell’imam e del giudice che stiamo per raccontare è una “faccenda molto istruttiva”, come Giovannino Guareschi sul Candido definiva fatti in apparenza piccoli piccoli ma dotati di una carica tale di idiozia e di veleno da essere segnali di prossima sventura. Molto istruttiva e molto europea è pertanto la storia che ci arriva fresca dalla Francia.Hala stessa voce sgradevole di Cassandra quando annunciò inascoltata l’inganno del Cavallo di Troia. Profetizza la sottomissione alla sharia, la legge coranica, in nome di un diritto che consegna il destino dei nostri nipoti all’islam che cancellerà ogni diritto. Il diritto come sublime forma di suicidio di sé medesimo (e di resa senza onore della nostra civiltà a chi la islamizzerà).

 

 

 

LA LEGGE

Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin aveva decretato alcuni giorni fa l’espulsione in Marocco dell’imam Hassan Iquioussen, 58 anni. Grazie alla legge “contro il separatismo religioso” in vigore in Francia dalla primavera del 2021 stava esercitando un dovere imposto dall’evidenza. Gli stranieri che seminano l’odio religioso, negando i valori repubblicani di libertà, fraternità e uguaglianza, non sono tollerati: tornino tra le braccia della nazione di cui sventolano il passaporto. Che cosa è successo? Il Tribunale amministrativo di Parigi ha annullato il provvedimento. Non nega che Iquioussen sia la decalcomania perfetta del predicatore e dell’attivista che nullifica gli ideali su cui è sorta la Francia, e l’intero Occidente, ma si commuove perla sua povera e peraltro ricchissima famiglia. Le ragioni somigliano molto a quelle che nel mese di giugno indussero il giudice transalpino a negare l’estradizione di nove ex brigatisti condannati in Italia per terrorismo omicida. Scrivono i magistrati nella sentenza che i fatti sono acclarati ma per l’espulsione forse dovrebbe prima organizzare qualche commando tipo: «La sola esistenza di atti di esplicita e deliberata provocazione per discriminare le donne (oltre all’antisemitismo, ndr) non può giustificare il provvedimento di espulsione senza un’interferenza grave e manifestamente sproporzionata con il diritto dell’imam di condurre una normale vita privata e familiare». Ma i francesi non avrebbero anch’essi il diritto di essere un pochino più sicuri di poter “condurre una normale vita privata e familiare”, senza il rischio di imbattersi nelle schiere di giovani convertiti al fondamentalismo da questo signore? Hassan Iquioussen? Un nome mai sentito dalle nostre parti. Un mito tra i musulmani tra i quindici e i quarant’anni da lui plasmati come argilla nella Francia settentrionale e del Belgio. Di fatto è il più importante predicatore a nome del Profeta di tutto il Nord Europa. È lui che, senza mai incitare al terrorismo neppure lo condanna, legittima l’assassinio di chi abbandona la fedeltà a Maometto per aderire al cristianesimo, ma poi dice che l’islam non vuole ammazzare nessuno. Insomma pratica con perizia da olimpionico di slalom il precetto della dissimulazione, la tecnica anguillesca portata a livelli ciceroniani da Tariq Ramadan, intellettuale raffinatissimo, teorico sommo dei Fratelli musulmani, prima che inciampasse pure lui nel #Metoo, altro che 70 vergini. L’imam Hassan gli faceva da seconda voce. Quando Tariq si fermava un momento, magari per tampinare qualche ammiratrice col chador, interveniva il suo migliore allievo. Che nel corso dell’ultimo decennio è diventato il punto di riferimento per l’espansionismo islamico, conteso dalle 700 moschee foraggiate dalla Turchia e dal Qatar.

 

 

 

SOTTOMISSIONE

Chi ha letto, o almeno ha sentito parlare di Sottomissione, il romanzo distopico ma alquanto realista di Michel Houellebecq, sa di che stiamo parlando.Non violenza ma assuefazione, iniezioni omeopatiche di totalitarismo, creando con la predicazione di due diversi livelli di umanità, una sorta di apartheid, isole territoriali e comunitarie separate idealmente dalla Repubblica. Non a caso, l’imam che non va espulso perché tiene famiglia (5 figli e 24 nipoti), pur essendo nato in Francia ha ostentatamente rifiutato di chiedere la cittadinanza gallica, in odio ad essa, limitandosi a chiedere ogni dieci anni il permesso di soggiorno, e ingigantendo ogni volta il suo patrimonio edilizio. Incuranti del senso del ridicolo, ma forse del tragico, subito una piattaforma di 40 intellettuali di sinistra aveva sottoscritto una petizione per consentire al simpatico imam di seminare il suo dolce messaggio da ospite gradito di Francia ed Europa. Addirittura c’è chi ha mandato al buon Hassan copiose offerte per organizzare la sua difesa, fingendo di non sapere che dalle parti di Parigi aveva trovato la sua Mecca. Le sue omelie, diffuse sul suo canale youtube con 150mila iscritti, nessuno dei quali si suppone simpatizzante dei terziari francescani, ha le caratteristiche anzidette. Infila gocce di curaro nel rosolio. Non nega esplicitamente la Shoa, perché sarebbe punito dalla legge, e allora ripiega furbescamente sulla negazione del genocidio armeno, la cui verità non è in Francia penalmente tutelata, guadagnandosi così la riconoscenza imperitura di Erdogan. Un giorno però durante un sermone del venerdì, allo specialista in gincana è slittata la frizione e ha concluso: «È solo una questione di tempo. Taglieremo le loro teste prima che loro taglino le nostre». Loro chi? Loro siamo noi. 

 

 

 

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