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Meloni, se il Csm non vira a destra il governo sarà azzoppato

Paolo Ferrari
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Ora o mai più. Archiviata la partita del governo - lunedì prossimo, salvo imprevisti, è previsto il giuramento al Quirinale - Giorgia Meloni e i leader dei partiti di maggioranza dovranno concentrarsi sulla difficilissima partita delle nomine. La prima tornata, su cui non sono ammessi errori, riguarderà i dieci componenti laici che andranno a comporre il Plenum del Consiglio superiore della magistratura. L'organo di autogoverno delle toghe avrà infatti un ruolo strategico nei prossimi anni sui temi della giustizia, da sempre cari al centrodestra. Fin da subito, ad esempio, sarà chiamato a mettere in pratica la riforma Cartabia, con i pareri sui vari decreti delegati.
Il passo successivo sarà quello di scrivere la normativa secondaria sull'assegnazione degli incarichi direttivi o sull'organizzazione degli uffici giudiziari.

Non è escluso, quindi, che qualche toga voglia "sabotare" i punti della riforma più contestati dall'Anm, come quello delle "pagelle" ai magistrati. In caso di provvedimenti non graditi, il Csm potrebbe poi mettersi di traverso anche solo applicando alla lettera tutte le funzioni che gli sono attribuite. Uno scenario da brivido che rischia di affossare non solo la riforma Cartabia ma anche tutte quelle che il centrodestra ha in programma di realizzare nei prossimi mesi.

 

 

Per evitare di impantanarsi nelle secche di Palazzo dei Marescialli, la strada per il governo è una sola: riuscire a nominare tutti i dieci laici e cercare un accordo di programma con la componente della magistratura meno ideologizzata.

Ogni laico per essere eletto dovrà ricevere i tre quinti dei voti dell'intero Parlamento. Con l'aiuto di Italia Viva e di Azione i numeri ci sarebbero, evitando di lasciare posti al Pd e al M5s. Una volta nominati i laici, il centrodestra avrà la possibilità di eleggere il vice presidente del Csm che è un presidente a tutti gli effetti.

Il capo dello Stato, a cui la Costituzione assegna il ruolo di presidente del Csm, salvo rare occasioni come la nomina dei vertici della Corte di cassazione, non partecipa mai ai lavori del Plenum. Negli ultimi decenni il ruolo di vice presidente è sempre stato appannaggio di un politico di sinistra: Virginio Rognoni nel 2002, Nicola Mancino nel 2006, Michele Vietti nel 2010, Giovanni Legnini nel 2014, David Ermini nel 2018.

 

 

 

Per non sbagliare, Meloni, Salvini e Berlusconi dovranno proporre una rosa di nomi - i componenti laici devono essere avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione o docenti universitari di diritto - che sia inattaccabile sotto tutti i profili. Pd e M5s, per evitare il cappotto del centrodestra, sono pronti anche a candidare gli ex ministri della Giustizia Alfonso Bonafede e Marta Cartabia, entrambi non ostili all'ala progressista della magistratura. Se venissero eletti al Csm, grazie alla componente togata di sinistra che ora è in maggioranza a Palazzo dei Marescialli, avrebbero così i numeri per giocarsi la nomina a vice presidente. Ecco perchè il centrodestra, se vuole il cambiamento, non deve commettere errori. 

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