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La sinistra vuol processare solo i carabinieri di Ramy

di Pietro Senaldilunedì 13 ottobre 2025
La sinistra vuol processare solo i carabinieri di Ramy

(Libero)

4' di lettura

Tra un mese sarà un anno dalla morte di Ramy Elgaml. La vicenda è nota: lui e il suo amico, Fares Bouzidi, alla guida di uno scooter, non si fermano a un blocco dei carabinieri e fuggono nella notte milanese. Venti minuti di inseguimento folle a cento all’ora fino allo schianto fatale per il ragazzo contro un palo. Alla tragedia è seguito un teatro dell’assurdo. I centri sociali e l’estrema sinistra hanno attaccato i carabinieri.

I militari sono stati accusati da questi fanatici, con la complicità irresponsabile di molti organi di stampa, e hanno subito un processo mediatico prima ancora di quello giuridico. Gli amici di Ramy e la sinistra nostrana, che subito ha cavalcato la sventura del ragazzo. I militari sono stati accusati di razzismo perché avevano fermato due ragazzi di origine nordafricana, poi di aver sbagliato a insistere con l’inseguimento data la determinazione della coppia a fuggire, infine addirittura di averli voluti ammazzare perché un agente ha detto «bene» alla notizia della caduta dello scooter e un altro aveva detto «nooo» quando i giovani a cui aveva sbarrato la via sono riusciti a restare in sella e scappare; per inciso, il video dimostra che, se fossero caduti allora, Ramy sarebbe ancora vivo.

Il sindaco di Milano, Beppe Sala, non ci capì nulla e disse che i carabinieri «avevano sbagliato», non aiutato dal suo allora consulente per la sicurezza, l’ex capo della Polizia, Franco Gabrielli, che sostenne che i militari «avevano sbagliato perché avevano messo in pericolo i giovani in fuga», quando invece la Corte di Cassazione ha stabilito che «chi scappa alle forze dell’ordine è responsabile dei danni che produce a persone e cose». Questo atteggiamento delle istituzioni incendia la piazza e al Corvetto, il quartiere di origine dei giovani, si rischia la rivolta sociale stile banlieue francesi.

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La Procura apre un’inchiesta per omicidio stradale, con ipotesi di dolo eventuale, a carico del carabiniere alla guida dello scooter, per accertare se questi abbia speronato volontariamente la moto dei fuggiaschi o se invece la responsabilità dell’incidente sia da attribuire solo a Fares.

Il tecnico, scelto dai magistrati, e quindi in teoria di loro fiducia, stabilisce che «l’inseguimento è stato fatto in modo corretto, non ci sono stati urti preliminari tra gazzella dei carabinieri e scooter prima della caduta e l’incidente è colpa della manovra improvvisa del ragazzo». Naturalmente la ricostruzione, che scagiona del tutto i carabinieri, confligge con quanto sostenuto dal tecnico ingaggiato da Bouzidi. Sarebbe stato stravagante il contrario, visto che nessuno pagherebbe un esperto per redigere una relazione che lo incastri; per questo normalmente la magistratura si affida e professionisti che sceglie lei.

La tesi redatta dal loro tecnico tuttavia non convince i pm, perché l’auto dei carabinieri era comunque troppo vicina allo scooter e perché l’inseguimento è stato troppo lungo (se ne potrebbe dedurre che un inseguimento non deve stressare più di tanto i sospetti in fuga, quindi di fatto non dev’essere finalizzato a fermarli ma solo tentato così, pro forma; ndr). Per questo viene chiesta una seconda perizia; e per gli agenti si riavvolge il nastro dell’orrore: rientrano nel tunnel dei sospetti, delle accuse, delle condanne prefabbricate da parte dei ragazzi del Corvetto e della politica estremista. Al danno si aggiunge la beffa in quanto la sinistra sostiene che la seconda perizia è nel nome della giustizia e financo nell’interesse dei militari, affinché non ci siano dubbi sul loro agire. I suddetti tuttavia, incomprensibilmente, non gradiscono il supplemento d’inchiesta e si sentono perseguitati, forse spinti in questo dal giubilo sguaiato degli amici di Fares e del campo largo dei forcaioli di palazzo.

La premessa d’obbligo è che un magistrato ha diritto a indagare finché non ritenga di avere raccolto tutti gli elementi utili a formarsi un giudizio corretto. I pensieri dell’uomo comune di fronte a quanto descritto sono però che, più una vicenda viene tirata per le lunghe e si complica di opinioni contrastanti, meno la sua soluzione apparirà a tutti giusta e insindacabile. Sia che porti a una condanna, sia che porti a un’assoluzione. Chi nutre cattivi pensieri potrebbe, scorrettamente, insinuare che si richiedano perizie finché non ne arrivi una che rafforzi l’impianto accusatorio iniziale.

Il comportamento esecrabile tuttavia in questa brutta storia sta altrove: è nel riflesso automatico che ha portato gran parte del fronte progressista ad aggredire subito i carabinieri e a non rammaricarsi che il loro calvario si prolunghi adesso a causa della seconda perizia in fieri. La sinistra estrema lo fa per la sua storica vocazione a individuare nelle forze dell’ordine lo Stato e quindi il male, qualcosa che prevarica per principio. Nel caso di Rami poi, il fatto che fosse un immigrato viene strumentalizzato per accusare di razzismo gli agenti e quindi, per balzana estensione, il governo di centrodestra, cui si rimprovera di aver fatto i decreti sicurezza e avere a cuore le forze dell’ordine. Si prende un valore positivo, l’antirazzismo, per manipolarlo e legittimare comportamenti sbagliati, come il non fermarsi ai posti di blocco. La sinistra progressista lo fa invece per mancanza di coraggio e personalità. Non vuole prendere una posizione che possa minimamente essere interpretata come filogovernativa, anche se si tratta di tutelare chi difende lo Stato e i cittadini. Siamo al paradosso che chi vota per non processare Ilaria Salis, benché accusata di aver spaccato la testa a una persona per ragioni di odio politico, festeggia se i carabinieri vengono processati all’infinito per aver inseguito chi ha commesso reati.
Non si annunciano bei tempi per le forze dell’ordine, se anziché come lo scudo dello Stato vengono trattate come un bersaglio da colpire per far male al governo.