Con l'ok alla riforma della giustizia "governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati a esprimersi attraverso il referendum confermativo": è questo il commento, a caldo, della premier Giorgia Meloni sui social al voto del Senato sul ddl Nordio, il secondo di Palazzo Madama e il quarto complessivo del Parlamento. Si tratta del via libera definitivo alla riforma, contestatissima dalle opposizioni e dalla Anm e difesa a spada tratta dal centrodestra ma anche dai penalisti e da esponenti di spicco della magistratura come Antonio Di Pietro, che farà campagna referendaria a sostegno del "sì".
Il voto - Al Senato, dopo le dichiarazioni di voto dei vari partiti, il disegno di legge costituzionale ha avuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Come detto, si tratta dell'ultimo passaggio parlamentare, come previsto dalla Costituzione. In primavera ci sarà il referendum confermativo, che le forze di maggioranza hanno annunciato oggi in Aula. A testimonianza di quanto il dibattito sia (e sarà) infuocato, ecco l'ultima piazzata del centrosinistra in aula: i senatori del Pd, del M5s e di Avs hanno protestano contro l'approvazione della riforma mostrando cartelli con la scritta "No ai pieni poteri". Nello schieramento opposto, dai banchi del centrodestra si sono sentiti applausi subito dopo il voto.
"Ora si apre l'ultima e più importante fase: il referendum confermativo popolare, nel quale il popolo italiano sarà chiamato a esprimersi su questa riforma. Sarà il momento della verità e della partecipazione civile", ha dichiarato il presidente dell'Unione delle Camere penali Francesco Petrelli, dopo il verdeto di Palazzo Madama. "Le Camere Penali - afferma - si mobiliteranno in tutto il Paese per sostenere con forza le ragioni del 'si'', per una giustizia più giusta, per un processo più equo e per una magistratura finalmente libera dal correntismo, autonoma di fronte alla politica e autorevole davanti al cittadino".
Le novità della riforma - Ma cosa cambia con la riforma? La separazione delle carriere modifica il Titolo IV della Carta, con l'obiettivo di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti. Queste le novità.
DUE CSM: vengono previsti due distinti organi di autogoverno, il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente.
COMPOSIZIONE E SORTEGGIO DEI DUE CSM: La presidenza di entrambi i Csm è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti di ciascuno dei Csm sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti. I vicepresidenti di ciascuno degli organi sono eletti fra i componenti sorteggiati dall'elenco compilato dal Parlamento. I componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. I due Csm non avranno più competenza sulle azioni disciplinari, potere oggi in capo a una Sezione speciale all'interno del Csm. I due Csm avranno competenze sulle "assunzioni, assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati".
NASCE ALTA CORTE DISCIPLINARE: altra novità riguarda l'istituzione dell'Alta Corte disciplinare cui è attribuita la giurisdizione disciplinare nei confronti dei magistrati ordinari, sia giudicanti che requirenti. L'organo è composto da 15 giudici così selezionati: 3 componenti nominati dal Presidente della Repubblica; 3 componenti estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune; 6 componenti estratti a sorte tra i magistrati giudicanti in possesso di specifici requisiti; 3 componenti estratti a sorte tra i magistrati requirenti in possesso di specifici requisiti. Il presidente dell'Alta Corte deve essere individuato tra i componenti nominati dal Presidente della Repubblica e quelli sorteggiati dall'elenco compilato dal Parlamento. Si prevede la possibilità di impugnare le sentenze dell'Alta Corte dinanzi all'Alta Corte medesima, che giudica in composizione differente rispetto al giudizio di prima istanza. I giudici dell'Alta Corte durano in carica quattro anni. L'incarico non può essere rinnovato ed è incompatibile con quello di membro del Parlamento, del Parlamento europeo, di un Consiglio regionale e del Governo, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.




