Eccola lì, trasformata d'un colpo in un caso internazionale: la “famiglia del bosco” finisce sulle homepage mondiali con l'Italia ei suoi bizantinismi giuridici a fare da (incomprensibile) sfondo. Ma stavolta è l'estero a raccontarci chi siamo: un Paese capace di far partire un'operazione con quattro auto e mezza dozzina di poliziotti per prelevare tre minori che vogliono vivere senza plastica ed elettricità. «Rapiti dalle autorità» titola il britannico Daily Mail, che ha trasformato l'indagine nata dopo un'indigestione di funghi velenosi – un «errore innocente», lo hanno definito – in una sorta di blitz cinematografico ai danni del connazionale Nathan Trevallion. Tanto da costruirci su un titolo che più che informare emette una sentenza inappellabile: «Come la vita idilliaca di una mamma di tre figli di Melbourne, in una foresta italiana, con la sua giovane famiglia isolata dalla rete elettrica, è improvvisamente finita quando gli assistenti sociali sono intervenuti per rapirli e affidarli alle cure di un istituto».
Euronews ha invece aperto così: «Tribunale italiano allontana i figli dalla famiglia che vive fuori dalla rete elettrica». Il padre parla di «ingiustizia», rivendicando una scelta deliberata, una fuga organizzata dal rumore e dall'asfalto che non crea danni e problemi a nessuno, tanto meno ai pargoli. «Non è trascuratezza», sostiene l'uomo nel racconto del sito internazionale. I bambini, giurano ancora, fanno educazione domiciliare – legale in Italia – e sono seguiti da un pediatra. Per loro il vero trauma non è la vita a piedi nudi, ma il distacco coatto. E il pubblico italiano, chiosa il quotidiano online, sembra pensarla allo stesso modo: più di 30.000 firme raccolte in poche ore per chiedere che il nucleo resti unito.
Famiglia nel bosco, ecco chi guadagna davvero
Quattordici mesi. Tanto è bastato perché un sogno di vita libera nel bosco si trasformasse in un incubo gi...Il DailyMail, invece, ci ricama sopra un romanzo d'appendice che avrebbe fatto la fortuna di un Charles Dickens. La trama: una madre di Melbourne scappata nella foresta italiana con il suo “clan”, la vita idilliaca, l'incidente a base di funghi, poi il “drammatico raid” dei servizi sociali e la corsa verso una struttura “gestita dalla Chiesa”. Una sceneggiatura già pronta, con l'Italia come set di un melodramma rurale dove gli assistenti sociali diventano i “villain” della storia ei boschi il rifugio perfetto per una famiglia assediata dalla modernità e dalle cattive leggi. Un po' Stephen King, un po' i fratelli Grimm.
Il Telegraph cambia registro ma non il finale. Titolo: «Abbiamo lasciato tutto per vivere nei boschi. Ora la polizia vuole portarci via i figli». E intervista Catherine, la madre, che spiega perché non ha mai mandato i bambini a scuola: «Invece di forzare l'istruzione, incoraggiamo innanzitutto lo sviluppo naturale del cervello, la creatività, la compassione e l'intuizione, prima di bombardarli con il pensiero logico dell'emisfero sinistro», sottolinea. Una filosofia educativa che in Inghilterra comprende meglio che da noi, ma che per i giudici italiani è un problema serio, perché l'obbligo scolastico non è un'opinione. E d'altronde c'è da dire che la contestazione dell'obbligo scolastico, per ammissione dello stesso ministero italiano, risulta espletato attraverso l'istruzione parentale.
Dalla Francia, Le Parisien inquadra la faccenda come una bomba politica. Il titolo parla da solo: «Un'ingiustizia». E mette in fila le dichiarazioni più esplosive di queste settimane. Il premier Giorgia Meloni considera la decisione «allarmante» mentre il leader della Lega, Matteo Salvini, la definisce «vergognosa». In un attimo, l'Abruzzo diventa un ring istituzionale: da una parte chi difende la tutela dei minori, dall'altra chi denuncia l'invasività dello Stato. E in mezzo la famiglia, che annuncia di pensarci seriamente: «Vorremmo restare, ma abbiamo un'altra opzione: rinnovare i nostri passaporti. Mia moglie ei miei figli torneranno in Australia e io resterò qui per prendermi cura degli animali», sbotta papà Trevallion. Una fuga al contrario, con destinazione opposta: non più il bosco, ma l'aeroporto. Non più la fattoria, ma il metal detector del cancello.
La Spagna non resta a guardare ma si sgancia dal treno dell'indignazione internazionale. El País ci mette il titolo più chirurgico: «I tribunali italiani separano tre bambini dai genitori perché non frequentano la scuola e non hanno accesso ai servizi igienici di base». Nessuna poesia bucolica a fare da sfondo: qui si va al punto. E si ciò racconta che in Italia si conosce bene, ma che all'estero suona ancora più straniante. I cittadini si sono mobilitati per aiutare la famiglia, impegnandosi a ristrutturare la casa ea renderla più accogliente. Alla fine resta questo: una famiglia divisa, un Paese che si specchia nelle proprie crepe e una stampa internazionale che ci rilegge a suo gusto, trasformando un caso abruzzese in un'epopea globale. Ognuno costruisce la sua verità, tutti parlano, nessuno riesce ad andare veramente oltre. E mentre l'Italia litiga, tre bambini aspettano di uscire dalla “prigione” della casa-famiglia. I boschi no: loro non commentano, ma raccontano a modo loro.




