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Monti punta al bisA suon di frottole

Dallo spread al Pil, dalla crescita alla fine della crisi: tutte le balle di nove mesi di governo tecnico

Matteo Legnani
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  di Franco Bechis L'ultima sparacchiata è arrivata al Meeting di Rimini, dove prima Mario Monti, poi Corrado Passera hanno annunciato la fine della crisi economica, regalando ai giornaloni grandi titoli di apertura proprio negli stessi giorni in cui i dati macroeconomici e congiunturali raccontavano l'esatto opposto. Solo dopo due giorni, quando è arrivato a Monti uno schiaffone clamoroso da parte di Famiglia Cristiana, da palazzo Chigi è arrivata una ancora più grottesca precisazione: il premier non avrebbe detto che si stava uscendo dalla crisi, ma che quando si sa di essere in crisi la si affronta meglio di prima.  Chi spara di più - Un film già visto nel passato, e proprio quegli stessi politici e osservatori che oggi vorrebbero Monti a vita hanno riempito di fischi chi l'aveva sparata grossa più del solito. Vi ricordate il Silvio Berlusconi che un anno fa diceva che ci sarà stata pure la crisi, ma la gente faceva la fila ai ristoranti? Lo hanno lapidato, e in effetti l'aveva detta un po' grossa. Ma non così grossa come da mesi la stanno sparacchiando i suoi successori. Monti doveva essere convinto che bastasse la sua sola presenza a risolvere di incanto tutti i problemi degli italiani. Il suo primo provvedimento è stato il decreto salva-Italia che ha sostanzialmente dato il colpo del ko all'economia reale italiana (che prima di lui stava meglio) fin dai primi giorni di dicembre. Un mese e mezzo dopo - a metà gennaio, Monti se ne è uscito con un pimpante: «Noto un piacevole declino dello spread» che da quel momento ha rimesso le ali volando sempre più in alto.  Qualcuno potrebbe pensare a un po' di jella, ma la storia delle settimane successive racconta più di questo il vizietto che partendo dal premier sembra avere contagiato buona parte del governo tecnico: spararla grossa, sempre più grossa. Purtroppo sempre smentiti dalla realtà dopo poche ore o giorni. L'ha sparata grossissima Monti quando ha portato a casa, piuttosto massacrato dal passaggio parlamentare, il suo decretino sulle liberalizzazioni. Disse che era in grado di «fare crescere il Pil di 10 punti». Il Pil fino a quel momento non se la passava benissimo, ma il governo continuava a sostenere che si era in lieve flessione facendo previsioni quasi rosee per la fine dell'anno.  Punti persi - Monti prevedeva di vederlo crescere di 10 punti, nemmeno un mese dopo ha dovuto allargare le braccia e inserire nero su bianco che invece quest'anno crollerà di due punti almeno. Si tira addosso la jella? Ma no. Proprio le spara grosse, perfino più grosse di quel che capitava a Berlusconi. Con la differenza che il vizietto dal Cavaliere era noto a tutto il mondo, e non è che gli prestassero molta attenzione. Quello di Monti coglie di sorpresa, e provoca bei pasticci, perchè sai, a una cosa che dice il Prof si crede per forza. E quando arriva la doccia fredda, sembra più fredda del solito. Chissà cosa avranno pensato i cinesi quando durante il suo viaggio asiatico di inizio primavera proprio Monti aveva annunciato in terra loro che l'Italia era già fuori dal tunnel della crisi (sarà un tic del premier?). Passera, suo compagno di ferie riminesi all'uscita del tunnel della crisi, aveva già preso il vizietto qualche tempo prima. Si può capire, perchè lui doveva essere fin dall'inizio il numero due per poi saltare fuori come numero uno. E invece dall'inizio è esplosa subito come personaggio Elsa Fornero, che pur piccolina ha messo del tutto in ombra il ministro spilungone.  Decreti flop - Quando è arrivato il suo momento dopo molti mesi con il famoso decretone sulla crescita che avrebbe dovuto essere il perno della fase due dell'esecutivo, non c'era in realtà un soldo in cassa da spendere. Il decreto salva-Italia aveva bruciato tutto peggiorando sensibilmente la situazione economica del paese. Passera però non si è perso d'animo e sapendo come la comunicazione è gran parte del mestiere del politico, l'ha sparata grossa, enorme: «Ecco un decreto che mette in campo 80 miliardi». Poi si sono fatti due calcoli, e si è scoperto che nemmeno in venti anni la cifra sarebbe stata quella. Questi ministri tecnici sarebbero stati assunti da Berlusconi al volo quando iniziò con le sue televisioni: sarebbero stati straordinari per le televendite (a patto di non portare jella). Fanno una cosa - magari fatta pure maluccio - e la vendono come ne avessero fatte cento.  Parole, parole... - Non stiamo qui a raccontare come fu venduta in pompa magna perfino sui mercati esteri dal premier la riforma del lavoro poi divenuta quell'innocuo pateracchietto che ingolferà un po' i tribunali di tutta Italia. Da almeno quattro mesi è stata annunciata la burocrazia on line. Bene, provate a farvi in due terzi dell'Italia un trasferimento di residenza dal computer di casa - come promesso e scritto nelle leggi - e capirete cosa sia una televendita ben riuscita.  L'altro giorno al Meeting di Rimini anche un insospettabile come Luciano Violante spiegava che fra le misure assai più realistiche dell'amnistia per ridurre il sovraffollamento delle carceri ce ne era una che consegnava ai privati costruzioni di nuovi edifici di reclusione dove solo la custodia dei detenuti era affidata allo Stato, tutto il resto era business dei privati. Bellissima idea, in vigore da febbraio nel decreto sulle liberalizzazioni, quello che fa salire il Pil di dieci punti. In vigore? Macchè. Ha bisogno di un decreto ministeriale di attuazione. Che nessuno ha fatto. E pensare che questi sparaballe stanno pensando seriamente di fare il bis.  

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