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Il console americano imbarazza Di Pietro: "Nel '91 mi preannunciò Craxi indagato"

Giulio Bucchi
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A vent'anni dall'inizio di Tangentopoli, le ombre sull'operato del pool di pm milanesi guidati da Saverio Borrelli non sono ancora state diradate. Ci stanno provando ora alcuni dei diplomatici americani presenti in Italia nel periodo tumultuoso di Mani Pulite. Ha iniziato l'ex ambasciatore americano a Roma Reginald Bartholomew, che un mese prima di morire ha parlato all'inviato de La Stampa Maurizio Molinari i dubbi sui metodi usati dai magistrati, "che calpestavano ogni diritto degli imputati". E ora, sempre a La Stampa, ha parlato l'allora console statunitense a Milano, Peter Semler. Il diplomatico ricorda come nel novembre 1991 l'allora pm di Milano Antonio Di Pietro, punta di diamante del pool, gli avrebbe preannunciato l'imminente pioggia di arresti e gli disse che le indagini avrebbero raggiunto il segretario del Psi Bettino Craxi e la Dc. "Di Pietro mi piacque molto - afferma Semler - poi fece il viaggio negli Stati Uniti organizzato dal Dipartimento di Stato. Gli fecero vedere molta genta a Washington e a New York. Ero spesso in contatto con lui. Ci vedevamo. Ero in favore di ciò che Di Pietro faceva. Di Pietro con me era sempre aperto, ogni volta che chiedevo di vederlo lui accettava, veniva anche al Consolato". Semler, di fatto, conferma come Washington vedesse di buon'occhio il repulisti giudiziario operato dalle toghe sui papaveri della Prima Repubblica. Il ricordo di Semler - "Ci vedemmo alla fine del 1991, credo in novembre - ricorda l'ex console milanese -, mi preannunciò l'arresto di Mario Chiesa e mi disse che le indagini avrebbero raggiunto Bettino Craxi e la Dc. Di Pietro aveva ben chiaro dove le indagini avrebbero portato. Da Di Pietro, da altri giudici e dal cardinale di Milano seppi che qualcosa covava sotto la cenere. Eravamo informati molto bene". Che rapporti aveva con il pool di Mani Pulite? "Incontrai più giudici di Milano - afferma Semler -, c'era un rapporto di amicizia con loro ma non cercavo di conoscere segreti legali. Eramo miei amici. Ci vedevamo in luoghi diversi. Di Pietro mi piacque molto". Un panorama inquietante, molto fluido, in cui si intrecciavano interessi politici, economici e militari. E proprio i vertici militari americani guardavano da vicino le grandi manovre giudiziarie di Milano: "I militari - ricorda Semler - volevano solo essere sicuri che avrebbero potuto continuare a muovere liberamente le loro truppe e navi. E che le armi nucleari fossero al sicuro".  La versione di Tonino - "Quello che Semler racconta è sostanzialmente vero ma impreciso", spiega Antonio Di Pietro. "Nel novembre 1991 - dice l'attuale leader Idv - non potevo anticipargli il coinvolgimento dei vertici di Dc e Psi perché, in quel novembre, già indagavo su Mario Chiesa ma non avevo idea di dove saremmo andati a parare". Perché si incontrava con Semler? "Perchè lo desiderava - rispoinde Di Pietro -, faceva il suo lavoro. Voleva capire e infatti capì perfettamente, a differenza di altri suoi connazionali. E incontrò un sacco di altre persone". Non è irrituale? "No - replica Di Pietro -, non ho mai violato il segreto istruttorio". Lei fu invitato anche dal Dipartimento di Stato? "In America - risponde Di Pietro - ci ero stato anche prima per atti di indagine. Poi fui invitato come succede a molti. Ma voi che pensate: aveva ragione Bartholomew che diffidava di me, o Semler che mi ricorda volentieri?".

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