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L'aeroporto di Palermo? Chiamiamolo "Ustica"

Micchiché pensa ad "Archimede", mentre i pasdaran dell'antimafia pensano a Falcone e Borsellino. Ma nel capoluogo siciliano...

Andrea Tempestini
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  di Filippo Facci Che Gianfranco Miccicché voglia chiamare l'aeroporto di Palermo «Archimede» o «Galileo» o magari anche «Piero» non ci toglie il sonno, ma il conseguente coro dell'antimafia piagnens, al solito, è gradevole come la sabbia nelle mutande: ma come - urlano - non titoliamo l'aeroporto a Falcone e Borsellino?, che scandalo, che insensibilità. Il ragionamento di Miccicchè avrebbe anche un senso: dice che preferirebbe titolare l'aeroporto a una figura positiva perché è brutto che un turista atterri in Sicilia e la associ subito alla mafia e vari stereotipi. Si può non essere d'accordo, ma quello che è insopportabile, appunto, è la pretesa di zittire un Miccicché da parte dei corifei del lutto permanente, i contabili del marketing del defunto, i parenti professionisti, gli sfruttatori politici ed editoriali e giudiziari, gente che ci vorrebbe immersi sino ai capelli nelle fiaccolate, nei cortei, negli appelli, nelle urla, nei pianti, negli alberi Falcone o nelle cazzate delle agende rosse, nelle vie e nelle scuole titolate solo a morti ammazzati, nel tafazzismo che all'estero ci fa apprezzare solo se facciamo film in cui siamo piccoli e mafiosi e neri. In Irlanda non c'è l'aeroporto «Bloody Sunday», a New York non c'è il «Twin towers», a Milano non c'è il «Piazza Fontana». A Palermo, date le sue condizioni, sarebbe già molto chiamarlo «aeroporto».  

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