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Immigrazione, i poliziotti costretti a comprare i pannoloni ai clandestini

Andrea Tempestini
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Essere in prima linea tutti i giorni, perché se indossi una divisa delle forze dell'ordine questa è la realtà, non è facile. Ma se al disagio quotidiano si aggiungono i rischi connessi alla mancata prevenzione sanitaria, vuoi per carenza di profilassi vuoi per la cronica assenza di fondi per le dotazioni standard, la situazione non è più seria, ma grave. E, quel che è peggio, le aree di «crisi» non sono più legate agli sbarchi degli immigrati, cioè ai porti dove attraccano le navi della nostra Marina militare, ma si sono propagate a tutta la penisola. Insomma, la salute degli agenti della Polizia di Stato è davvero a rischio, tanto che gli operatori sono costretti al «fai da te». E così c'è chi si dota di «pannoloni» per proteggere l'interno dell'auto di servizio da possibili «contaminazioni», visto che nella maggior parte dei casi è praticamente impossibile ottenere un intervento di «sanificazione» del mezzo dopo una trasferimento di clandestini. Per non dire dell'acquisto, pressochÈ quotidiano, di guanti monouso e mascherine protettive. A denunciare il «rischio contagio», con tanto di numeri, cifre e casi dettagliati, è il Sap (il sindacato autonomo di Polizia) particolarmente attento nel monitorare gli allarmi lanciati dagli agenti. La situazione più grave, e diversamente non potrebbe essere, si registra in Sicilia dove, a fronte di migliaia di sbarchi, le forze dell'ordine non sono dotate in maniera sufficiente di strumenti di prevenzione come camici, mascherine e guanti. Proprio per questa ragione il sindacato, a Catania in particolare, ha provveduto a donare agli operatori impegnati nell'accoglienza degli immigrati gli strumenti necessari. Non va meglio alla Questura di Milano, dove gli uffici che si occupano di stranieri e permessi di soggiorno sono letteralmente presi d'assalto da persone che hanno necessità di documenti e pratiche. Presenze che nelle ultime settimane sono andate incrementandosi sistematicamente, grazie agli sbarchi e all'operazione Mare Nostrum, senza che a tutto ciò corrisponda ad una distribuzione generalizzata ai poliziotti di strumenti di profilassi adeguati, perché in Questura arrivano persone di tutti i tipi. Situazione delicata anche a Trieste. Dopo le recenti operazioni di ricerca e individuzione di clandestini sfuggiti ai controlli previsti dalla legge, tra il personale si è diffuso un certo allarmismo sulla mancanza di sistemi di sicurezza e protocolli operativi nella prima fase di intervento. La Segreteria Provinciale del Sap ha ribadito la necessità «di intervenire sulla questione e sulle problematiche connesse alla mancanza di mezzi e luoghi idonei per il trattenimento degli stranieri, in attesa del disbrigo delle pratiche necessarie per l'identificazione e successivi provvedimenti». Altro punto particolarmente caldo l'aeroporto romano di Fiumicino dove, allo stato dell'arte, non sono garantiti gli standard minimi di sicurezza per i poliziotti che si trovano in una situazione ancora peggiore rispetto ai colleghi che sono direttamente in contatto con i migranti nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum.Come hanno denunciato gli operatori impiegati nello scalo della Capitale «ogni settimana siamo a stretto contatto con almeno seicento soggetti a rischio, tutti passeggeri in arrivo dalla Nigeria e dalle zone africane». Eppure, al contrario dei loro colleghi impegnati nell'operazione Mare nostrum, non hanno a disposizione strumenti per la prevenzione del contagio. E così alzano la voce i poliziotti dell'aeroporto di Fiumicino, sostenendo che il più grande scalo nazionale, hub d'accesso europeo dalle grandi città africane, non è sufficientemente attrezzato per contrastare i pericoli dell'infezione da febbre emorragica che terrorizzano tutto l'Occidente. Sono 108 i Paesi collegati con Fiumicino con almeno un volo settimanale. Di queste 19 sono africani e tra questi anche le regioni epicentro dell'epidemia di Ebola. Dalla Nigeria arrivano tre voli settimanali: circa seicento passeggeri che entrano in Italia dallo scalo romano. L'appello del Sap, lanciato nei giorni scorsi, ha prodotto un primo concreto effetto. A Fiumicino è stato distribuito un kit comprendente guanti, mascherina, occhiali in plastica e scafandro di carta. Inoltre, il dirigente medico effettuerà briefing quotidiani con gli agenti per insegnare il comportamento da tenere e le precauzioni da osservare. Ma tutto non ciò non è sufficiente a far fronte alla situazione. di Enrico Paoli

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