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L'ultima del sindaco Marino: le case del Comune ai rom

Nicoletta Orlandi Posti
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Il primo annuncio lo ha fatto davanti alle telecamere, quelle di Announo giovedì scorso, spinto dal furore della polemica: i campi rom «vanno smantellati», ha dichiarato il sindaco di Roma, Ignazio Marino. Sì, ma dove andrebbero i nomadi? Ecco l'idea che si fa strada in Campidoglio: dobbiamo smantellare questi campi, che rappresentano uno dei motivi di maggior espasperazione per i cittadini residenti nei pressi - siamo nella zona di Tor Sapienza, teatro delle recenti proteste e violenze e in questo quadrante della Capitale i campi rom sono due (va considerato che in tutta la città i campi, tra regolari e abusivi, sono una ventina, concentrati soprattutto nelle periferie) di cui uno abusivo - e i nomadi dove li mettiamo? L'escamotage è semplice: togliamoli da un posto, mettiamoli in un altro, dandogli una casa. «Mettere queste persone nei luoghi dove si possa fare autocostruzione, cioè recupero di edifici abbandonati», ha spiegato Marino. Nelle prossime settimane dagli uffici partirà una ricognizione del patrimonio immobiliare. Cioè degli stabili comunali che al momento sono vuoti. No ai ghetti - Non è necessario elencare le numerose obiezioni che vengono in mente immediatamente al progetto, già fallito in altri tentativi del genere. Tuttavia Marino sembra avere le idee chiare. Intanto, ha sostenuto, ormai è tolleranza zero verso chi sbaglia. Con questo principio: «Le popolazioni rom o si mantengono da sole o se ne vadano». Ma chi non delinque e vuole mandare i figli a scuola, chi insomma decide di vivere nella legalità potrà andare a vivere negli immobili recuperati. «Dimostrando i requisiti del caso». Tutto nasce da una convinzione: «Non è accettabile spendere milioni di euro per tenere le persone in veri ghetti», ha spiegato il primo cittadino capitolino, «bisogna separare le persone per bene che aspirano ad avere una vita e che sono assolutamente integrate, queste persone devono avere gli stessi diritti». Le obiezioni - E obiezioni varie a parte, è facile comprendere che una simile proposta, mentre è sempre più difficile la gestione delle periferie, può diventare in quattro e quattr'otto un vero e proprio detonatore. E sono arrivate subito le prime reazioni ad alto tasso polemico. Una vera follia, definisce il tutto l'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, secondo il quale, «se risponde al vero la notizia», significa che «un nuovo clamoroso pericolo rischia di abbattersi sulla città di Roma. Promettere le case ai nomadi della nostra città significa due cose: innanzitutto dare uno schiaffo in faccia alle migliaia di romani che da anni attendono una casa popolare o anche semplicemente una qualche forma di assistenza alloggiativa. Ma soprattutto significa attrarre nella nostra città altre migliaia di nomadi provenienti da tutta Europa». E Federico Rocca, responsabile enti locali Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale, conclude il suo intervento di forte critica così: «Marino abbia pietà dei romani e si dimetta». Tutto questo in una ennesima giornata di fuoco, per la Capitale, sotto il profilo delle proteste e delle violenze: a Tor Bellamonaca, sempre periferia sudest, un uomo è stato colpito alle gambe in un agguato per strada, mentre al quartiere Infernetto si è svolto un sit-in di protesta contro il centro di accoglienza immigrati, a cui ha partecipato anche l'eurodeputato leghista Mario Borghezio. E due giorni fa, è sceso in campo il Coordinamento di ribellione contro il degrado dei rioni e quartieri di Roma che riunisce 45 comitati di abitanti, che lanciano una sfida da concretizzare a breve: occupare la stazione Termini e poi anche «sette-otto stazioni della metropolitana». di Caterina Maniaci

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