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Selvaggia Lucarelli: Che palle questi uomini, capre anaffettive e piene di paura

Selvaggia Lucarelli

Intimoriti dalle responsabilità, pesano col bilancino ogni slancio e sentimento. E così non dicono mai "Ti amo"

Giulio Bucchi
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Che palle. Scusate ma non mi viene altro incipit. Che palle questi uomini portatori sani del vero male del secolo. Che palle questo tarlo che ha infestato il genere maschile e che è diventato negli ultimi anni il mantra di tutti gli anaffettivi, egoisti, sciattoni sentimentali del globo. Che palle questa parolina tenuta calda nel fodero e impugnata alla prima cena a due tanto-per-mettere-le -mani-avanti.  Tanto per mettere in chiaro le cose. Tanto per difendersi, come se davanti a voi che mangia grissini non ci fosse una donna in abito da sera  ma un esercito di legionari schierati a testuggine.  Che palle, che stramaledettissime palle questa parolina protagonista di ogni moderna conversazione imbastita da omuncoli di tutte le età e che ha un nome odioso, familiare e inconfondibile per ogni donna del pianeta: paura. «Sai, ho paura».  Tu sei lì che esci la prima volta con un uomo, non hai ancora deciso se il giorno dopo avrai voglia di rivederlo o al cellulare risponderà la tua badante filippina dicendo che sei stata sorteggiata per un viaggio su Marte, e lui tra un «Che segno sei?» o «Hai fratelli?», si sente in dovere di informarti che-ha-paura. Delle relazioni,  degli impegni, dell'amore, della passione, della vita di coppia, del matrimonio, della convivenza, degli alieni, delle macchie di vino rosso, dei nidi di vespe e delle malattie esantematiche. Paura di tutto. Mezzo bicchiere -Che palle questi uomini che non vanno spaventati. Che se ti dimentichi un Tampax nel bagno di casa loro pensano che il giorno dopo ti trasferirai a casa con la suocera inferma e lo sharpei nano. Che vanno trattati coi guanti da forno perché se dai l'idea di avere un progetto un po' più a lungo termine di “Stasera pizza e Iron man 3” rischiano un bypass prima dei trenta. Che se li chiami più di una volta al giorno sul cellulare ti fanno sentire una stalker mitomane che al primo rifiuto cuoceranno il loro siamese in pentola e gli terranno sequestrata la figlia minore nelle grotte di Frasassi. Che hanno paura di tutto quello che, secondo la loro piccola, meschina e gretta visione della vita e delle questioni sentimentali, «non possono controllare», come se quelli che invece hanno rapporti di coppia che prevedono un qualche impegno o progetto fossero cavalli scossi o passeggeri sull'autobus di Speed.   Che hanno paura «di essere troppo coinvolti», e solitamente si tratta di uomini per cui è normale provare un forte coinvolgimento emotivo con conseguente insonnia e inappetenza se Osvaldo sbaglia un gol, ma non sia mai che succeda per una donna. Che poverini, «Vedo le coppie di amici che si separano tutte e ho paura di fare la stessa fine». Quegli uomini intrisi di ottimismo galoppante, insomma, che tra il bicchiere mezzo pieno e il bicchiere mezzo vuoto vedono il bicchiere mezzo scheggiato. Capre anaffettive - E ancora. Che palle la categoria «Ho paura di prendere una fregatura perché la mia ex me ne ha fatte passare di tutti i colori», e poi scopri che il devastante e invalidante imprinting riguarda la fidanzatina di terza elementare che lo lasciò per uno di quinta.  Meravigliosi anche gli uomini che «Ho paura di dire ti amo» come se «Ti amo» fosse la parola d'ordine che spalanca di botto la porta di casa di Grifondoro e loro fossero Serpeverde. Come se una, dopo un «Ti amo», mandasse le partecipazioni ai parenti in Argentina.   Che palle quelli che hanno paura di avere figli «perché sai, i figli sono responsabilità» e tu avresti voglia di rispondere «Sai, anche garantire la riproduzione della specie umana è una responsabilità e se ragionassero tutti come te torneremmo ai protozoi marini entro cent'anni».  Che palle gli uomini che «Ho paura di togliere tempo al lavoro, di togliere tempo agli amici, di annoiarmi, di dover rendere conto a qualcuno, di dividere gli spazi, di sentirmi soffocato, di avere vincoli, di avere suocere, di avere spazzolini rosa nel bagno». Insomma, di avere una donna accanto che provi ad abbattere quei paletti che giustamente, da capre anaffettive quali sono, si sono piantati attorno a mo' di recinto. L'unico requisito - Quegli uomini che non vogliono donne generose, impegnative, avvolgenti, meravigliose, ma desiderano donne con un unico, imprescindibile  requisito: «Che non rompano le balle».  Donne che accettino il pacchetto «paure becere» e si accontentino di uomini mediocri, che pesano sul bilancino da orafi slanci e sentimenti. Uomini che un giorno, potete giurarci, a furia di scappare da scelte coraggiose ma in fondo ben più semplici del loro egoismo contorto, si troveranno sul groppone responsabilità che non si sono scelti.  Uomini di cui dobbiamo aver paura noi donne. Perché non hanno paura di legami, vincoli, oneri e responsabilità.  Non hanno paura di noi. Hanno una gran paura di stare al mondo. Che palle. E che tristezza.

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