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"Niente domiciliari, tutti in galera"I giudici contro i poliziotti del G8

La Procura di Genova ha impugnato il provvedimento con cui erano stati concessi i domiciliari a Enzo Canterini

Nicoletta Orlandi Posti
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In galera, a tutti i costi. E, ammesso che vi sia bisogno di una conferma, indossare la divisa di poliziotto o di carabiniere è un'aggravante. È una delle ultime code velenose in questo scontro - pericoloso - tra magistratura e forze dell'ordine e che riguarda le condanne degli agenti per le violenze del G8 (12 anni fa). L'allora comandante del VII reparto mobile di Roma, Enzo Canterini, ora in pensione, e come lui altri non meritano gli arresti domiciliari. Condannato per falso in atto pubblico a 3 anni e 3 mesi (di cui 3 anni condonati), ha scontato a casa un mese e 20 giorni del residuo pena. Ma la Procura di Genova ha impugnato il provvedimento e il Tribunale di sorveglianza ha sospeso il suo stesso provvedimento con cui aveva concesso i domiciliari. Ora Canterini è libero: libero di aspettare il verdetto della Cassazione e di scontare, nel caso, in una cella l'ultimo mese e 40 giorni di condanna.  Ma questa volta gli avvocati fanno sentire la loro protesta e indignazione. «Lo Stato ha il dovere di punire»  dice l'avvocato Silvio Romanelli, che difende 7 imputati «ma non ha il diritto di far fare alla Procura generale di Genova ciò che vuole, solo perché ha il dente avvelenato contro la polizia che non collaborò alle indagini. A mio avviso» è il suo duro giudizio «questa è una violazione del diritto più grave di quella commessa da un gruppo di poliziotti rintronati, dopo quattro giorni di violenze, che alla Diaz fecero ciò che non dovevano fare».  Nella stessa situazione di Canterini si trova Gilberto Caldarozzi, un altro dei vertici della polizia che ha pagato a caro prezzo i fatti di Genova. Quanto all'allora capo del reparto mobile, è stato condannato per falso in atto pubblico per aver scritto nella prima relazione che alla scuola Diaz, dove avvennero i pestaggi, «c'era stata una forte resistenza». A Canterini, come agli altri, per i tre mesi di residuo pena non è stato concesso l'affidamento ai servizi sociali, né gli arresti domiciliari «normali» della legge penitenziaria, ma solo quelli del cosiddetto «svuota carceri», vale a dire del decreto che prevede le misure alternative a favore di tutti i detenuti con pene fino a 18 mesi. All'ex poliziotto Canterini il Tribunale di sorveglianza ha applicato lo «svuotacarceri» «d'ufficio trattandosi di pena residua esigua», come si legge nell'ordinanza, perché Canterini non è «un delinquente abituale, professionale o per tendenza», non essendoci pericolo di fuga o che ripeta il delitto e essendo tutte favorevoli le relazioni degli uffici interessati. Ma la Procura generale ha ritenuto di applicare la legge e ha impugnato l'ordinanza davanti alla Cassazione: Canterini «è immeritevole dei benefici richiesti», in quanto «resosi colpevole e sanzionato per un gravissimo reato indice di rilevante pericolosità sociale», «fonte di uno smisurato danno di immagine», e non ha neppure «presentato un convincente programma di risocializzazione». Canterini i rimanenti 70 giorni deve trascorrerli in prigione. «Magari a Marassi dove c'è il triplo dei detenuti previsti», chiosa l'avvocato Romanelli e obbietta: «Canterini ha 66 anni, per una vita ha indossato onorevolmente la divisa e, come gli altri, ha continuato a indossarla per altri 11 anni dopo i fatti di 12 anni fa. È in pensione da due anni e non può certo reiterare il falso in atti o guidare alla carica dei dimostranti il VII Reparto mobile». Il ricorso della Procura, secondo il legale, è infondato anche, tra i tanti motivi, perché quell'ordinanza degli arresti domiciliari può essere sospesa o revocata solo «per gravi ragioni di salute, famigliari o per gli altri motivi quali i contatti con criminali, il pericolo di fuga ecc.». A riprova delle pressioni, sempre secondo l'avvocato, il Tribunale di sorveglianza quindi ha sospeso la sua stessa ordinanza di 2 mesi fa, in attesa che la Cassazione si esprima: «Non ha neanche motivato la sospensione del proprio atto limitandosi a sostenere che se la concessione dello svuotacarceri fosse sbagliata Canterini non sconterebbe il carcere previsto e voluto dalla Procura…», dice Silvio Romanelli e fa una considerazione più generale: «È una prova di forza di cui, chi conosce un pochino il funzionamento della giustizia, non aveva alcun bisogno. Il potere giudiziario e in particolare quello concentrato nelle procure, per una serie di cause, è privo di argini…». A chi non è un ex poliziotto, né un magistrato né un avvocato, al mitico uomo della strada e insomma al popolo sovrano nel nome del quale si applica la legge, resta solo una domanda: quale è il confine tra attività giudiziaria e persecuzione? di Pierangelo Maurizio [email protected]

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