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Why Not, per la Cassazione l'impianto accusatorio non regge

La Cassazione fa a pezzi l'impianto accusatorio. Un flop per l'inchiesta che fece cadere il Prodi-bis (e spinse Giggino a fare il sindaco)

Roberto Procaccini
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La Cassazione fa a pezzi l'inchiesta 'Why Not': assolti (o rinviati a giudizio) tutti i principali imputati dell'indagine partita nel 2006 coinvolgendo politici e imprenditori nazionali e calabresi. Why Not, un fascicolo che è valso la notorietà a Luigi De Magistris, che l'ha fatto uscire dall'anonimato del Palazzo di Giustizia di Catanzaro e l'ha proiettato con numeri plebiscitari prima all'Europarlamento (415mila preferenze personali nel 2009 con l'Idv) e poi nel 2011 da ouitsider alla carica di sindaco di Napoli (polverizzato il Pd Mario Morcone al primo turno, sbaragliato al ballottaggio il candidato Pdl Gianni Lettieri). Un'indagine partita con grandi clamori e che puntò in alto con intercettazioni (illegali) a parlamentari, iscrizione nel registro degli indagati del premier in carica Romano Prodi e del suo ministro della Giustizia Clemente Mastella. Un'indagine, infine, che ha inciso sulla vita politica del Paese: prima di consacrare De Magistris quale "sindaco rivoluzionario e scassatore" (sue parole), portò, di fatto, alla caduta del governo Prodi-bis nel 2008. Lavoro d'accetta della Cassazione - La Suprema Corte ha annullato ad Agazio Loiero (ex governatore della Regione Calabria) la condanna a un anno di reclusione, e contestualmente l'ha prosciolto dall'accusa di abuso d'ufficio. Assolto anche Nicola Durante, braccio destro di Loiero. Azzerata la condanna per Giuseppe Chiaravallotti, anche lui ex presidente della Calabria: giudicato inammissibile il ricorso dell'accusa contro l'assoluzione in primo grado, perchè il reato nel frattempo era andato prescritto. Assolto Francesco Saladino "perché il fatto non sussiste", annullate con rinvio le condanne per associazione a delinquere a carico di Antonio Saladino (ex presidente della Compagnia delle Opere della Calabria) e Giusepe Lillo, con l'apporto estemporaneo di alcuni funzionari pubblici. La condanna a un anno e nove mesi per Antonio La Chinia è stata in parte annullata senza rinvio "per non aver commesso il fatto" (mentre è stata rigettata parte del suo ricorso).Confermata la condanna per Rinaldo Scopelliti, al quale la Cassazione ha però riconosciuto il diritto  ad escludere la contestazione di peculato dalla sentenza di primo grado. Bocciatura - Why not parte con le dichiarazioni - poi parzialmente ritrattate - di una dirigente di una società di outsourcing (fornitrice della Regione Calabria) di Lamezia Terme. Si aprono scenari di commistioni tra settore pubblico e imprenditoria tenute in piedi da una loggia massonica. Si ipotizzano i reati di associazione per delinquere, truffa, corruzione, violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete e finanziamento illecito dei partiti. Luigi de Magistris ci si lancia a capofitto: le indagini culminano con 106 persone indagate e 98 rinviati a giudizio. Il pm napoletano, all'epoca in forze alla Procura di Catanzaro, va giù duro: indaga due presidenti della Calabria, il premier Prodi (la cui posizione è poi archiviata), acquisisce tabulati telefonici di parlamentari (finendo a sua volta rinviato a giudizio per i metodi) e ottiene, attraverso la procura di Santa Maria Capua Vetere, gli arresti domiciliari per Sandra Lonardo, presidente del Consiglio regionale della Campania e moglie di Clemente Mastella. Episodio che porta l'allora Guardasigilli a ritirare con gli uomoni dell'Udeur la fiducia al governo Prodi. Finisce il pm, nasce il politico - Why not nasce e si svolge tra polemiche politiche e istituzionali. De Magistris si trova a battagliare con Dolcino Fava, procuratore generale di Catanzaro, e il guardasigilli Mastella, pure lui indagato. Interviene Giorgio Napolitano nella duplice funzione di presidente della Repubblica e del Consiglio Superiore della Magistratura. Arrivano ai ferri corti le procure di Salerno e Catanzaro. Il clima infuocato consuma il pm napoletano, oggetto di interrogazioni parlamentari e di un provvedimento disciplinare culminato con una disposizione di trasferimento a suo carico. Ma nel 2009 Luigi De Magistris, coccolato dalla stampa e dall'intellighenzia manettara, fa il grande salto: abbandona la toga e accetta la richiesta dell'Idv di Antonio Di Pietro di correre per le elezioni europee. Parole famose - La carriera politica di De Magistris è stata fulminante: in due anni è eletto prima europarlamentare e poi sindaco della prima città del sud. Fino allo schianto con Rivoluzione Civile, la lista a sostegno del pm Antonio Ingroia premier, e al pantano di una Napoli dove "la rivoluzione arancione" sembra già archiviata (l'ultima tegola: la condanna a un anno per aggressione a una vigilessa per il vicesindaco Tommaso Sodano). Carriera tutta costruita, però, su un'inchiesta che al vaglio della Cassazione non sta in piedi. Quando abbandonò la toga, De Magistris motivò la scelta dicendo: "E' in corso l'attività di delegittimazione, di ostacolo e di attacco nei miei confronti e della mia professione". Chissà Luigino cosa ne penserà, oggi, che a emettere sentenze poco lusinghiere sul suo lavoro di pm non è una macchina del fango qualunque, ma una sezione della Suprema Corte.   di Roberto Procaccini

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