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Emanuele Scieri, 19 anni dopo l'arresto per la morte del parà: non fu suicidio ma un atto di nonnismo

Davide Locano
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Uno sviluppo sconvolgente a 19 anni dalla morte di Emanuele Scieri, all'epoca 26enne, siracusano, parà di leva trovato morto il 16 agosto del 1999 nella caserma Gamerra di Pisa, il centro di addestramento della folgore. In mattinata, infatti, è scattato un arresto. Le manette sono dovute al concorso in omicidio e, si apprende, ci sono altri due indagati. Nel dettaglio, è finito ai domiciliari un ex commilitone di Scieri: dietro alla sua morte, infatti, c'è l'ombra del nonnismo. Ombra che si allungò sin dal principio, tra molti silenzi ed altrettante omissioni. Lo scorso anno, però, la procura di Pisa riaprì le indagini in seguito al lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del militare. Era stata proprio la commissione a sostenere che che non si era trattato di un suicidio. Scieri era stato aggredito prima di precipitare nel vuoto in quello che sempre più sembra un episodio di nonnismo. Per la Commissione parlamentare presieduta da Sofia Ammodio, gli elementi che portavano ad escludere l'ipotesi del suicidio e anche quella di una prova di forza alla quale si voleva sottoporre Scieri scalando la torretta, "tesi che nel 1999 la catena di comando della Folgore suggerì alla magistratura". Leggi anche: Il video che spiega come si diventa parà della Folgore Tra gli indizi che portarono la commissione a formulare l'ipotesi, una scarpa trovata troppo distante dal corpo, la ferita sul dorso del piede sinistro e quella del polpaccio del tutto incompatibili con la caduta dalla torretta. Dunque, cosa è accaduto davvero quel maledetto 16 agosto? Per comprenderlo è necessario tornare al 7 agosto del 1999, giorno delle reclute che stanno finendo il Car nella caserma dei Lupi di Toscana, a Scandicci. Alla cerimonia assistono anche i genitori di Emanuele Sceri e il fratello Francesco. Successivamente al giuramento, Emanuele viene assegnato alla Folgore, arriva alla Gamerra il 13 agosto. E si scopre che già durante il trasferimento in pullman da Scandicci avvengono atti di nonnismo ai danni di alcune reclute che porteranno alla condanna a 6 mesi per quattro caporali dei parà. Una volta in caserma, e dopo aver ricevuto le prime istruzioni, Scieri fa un giro in centro con alcuni compagni. Intorno alle 20.30 chiama casa. Al rientro si ferma fuori dalla camerata. "Fumo una sigaretta, faccio una telefonata e vi raggiungo", afferma parlando con l'amico Stefano. Sono le 22.15 del 13 agosto 1999. Al contrappello delle 23.45 Scieri non c'è. Nessuno lo vedrà più vivo. Il pomeriggio del 16 agosto i carabinieri avvertono la famiglia: "Emanuele ha avuto un incidente. È morto. Probabilmente si è suicidato gettandosi dalla torre". No, con assoluta probabilità quello di Emanuele non è stato un suicidio.

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