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"Ha urinato sulla faccia della figlia". L'incubo giudiziario di un napoletano in crociera in Grecia"

Beatrice Nencha
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Una spensierata crociera nelle Isole greche si è trasformata, per una coppia di passeggeri italiani, nel peggiore degli incubi. È quello che è accaduto a una famiglia partenopea, lo scorso agosto, imbarcatasi a bordo di una nave da crociera insieme alla loro figlia Veronica (nome di fantasia, ndr) di quattro anni. Protagonista di questo dramma è un professionista napoletano incensurato, "Mimmo" per gli amici, insieme alla sua compagna, insegnante di scuola. Insieme, la scorsa estate, decidono di regalarsi quella che avrebbe dovuto essere una settimana da sogno, per la prima volta con la famiglia al completo. «Quel maledetto 24 agosto dovevamo fare un' escursione a Corfù, la crociera era finita e presto saremmo rientrati in Italia», racconta l' architetto, «al rientro in nave abbiamo passato il badge ma ci hanno bloccati e poi accompagnati al quinto piano della nave. Lì un commissario di bordo mi ha invitato a seguirlo, avvisandomi che sotto c' erano le autorità greche ad aspettarmi. Mi è caduto il mondo addosso, ero ancora in pantaloncini e infradito». La rivelazione di quello che li attende, per la coppia sarà uno shock: l' uomo si ritroverà accusato di aver commesso "atti di offesa alla dignità sessuale" nei confronti di sua figlia, come si legge nel Verbale di arresto emesso a Corfù il giorno seguente. «L' articolo 8 del Codice penale greco equipara alcune fattispecie di reato, come l' abuso sessuale su minore di 12 anni, a reati commessi sul territorio greco, nonostante questo presunto reato sia indicato come avvenuto in Italia, contro cittadina italiana, e sia stato contestato da un animatore brasiliano, che non parla italiano. Un animatore che avrebbe "interrogato" una bimba di 4 anni e mezzo, asseritamente registrandone le conversazioni e sostituendosi così agli operatori competenti per questi accertamenti, ovvero l' autorità giudiziaria italiana», spiegano gli avvocati dello studio legale Pesaturo, che difendono Mimmo. Scaraventato di botto in un incubo, prima di tutto giudiziario: «Ho fatto quattro mesi di carcere, in mezzo a topi e scarafaggi. Ho visto un recluso che è stato mangiato dalle formiche». Al di là della fondatezza dell' accusa, basata per quanto Libero ha potuto consultare degli atti greci sostanzialmente sull' unica testimonianza di un animatore del miniclub della nave, le autorità greche hanno reputato la sussistenza del "pericolo di fuga" e della "continuazione" - come si legge nel mandato di custodia cautelare di due pagine emesso dal Tribunale di primo grado di Corfù il 29 agosto - e hanno immediatamente arrestato Mimmo, a Corfù, e poi lo hanno spostato in varie carceri del Paese, in condizioni talora drammatiche. Il presupposto del suo arresto lo si ritrova in una Relazione del 25 agosto ordinata dal Tribunale e svolta in un salone dell' Autorità portuale di Corfù. Qui, una pedopsichiatra greca chiede all' interprete di domandare a Veronica, «se ha detto che suo papà ha urinato sulla sua faccia» e «se è vero che una volta sua madre lo ha visto fare e, dopo averlo schiaffeggiato, ha cominciato a piangere». A questa domanda, si legge nel testo di appena due pagine, «la bambina risponde che sulla nave ha detto quelle cose su suo padre, ma che non è la verità. L' ha detto per scherzo». Ai successivi quesiti, anche sessualmente espliciti secondo la mamma che le è stata sempre accanto, la bimba «risponde che non vuole più parlare e interrompe il dialogo». La perizia greca, svolta a 24 ore dallo sbarco precipitoso della famiglia dalla nave e dall' arresto del padre, si conclude con esito paradossale. Il comportamento della bimba e la sua tensione sentimentale verso il genitore, secondo l' esperta greca, «rappresentano indizi di eventuali molestie da parte di suo padre, tali indizi però non mi permettono di arrivare a conclusioni corrette senza margini di errore. L' accertamento viene quindi demandato «a un pedopsichiatra del suo Paese, in modo che si possano accertare tali molestie sessuali, oppure escluderle». Il 13 dicembre Mimmo è stato scarcerato, su cauzione di 5 mila euro, ed è potuto rientrare a casa in Italia. Dove è stato aperto un fascicolo anche dalla Procura di Napoli Nord, che l' ha già ascoltato nei giorni scorsi. Nonostante sia stato preservato intatto il nucleo famigliare e l' uomo sia a piede libero, resta l' inferno di quel viaggio conclusosi con un' accusa infamante «da cui voglio essere scagionato, perché sono innocente, davanti a un giudice italiano. Dato che reputo quello che mi è successo in Grecia, nell' indifferenza delle autorità italiane a cui ci siamo rivolti in tutte le sedi, un sequestro di persona». Oggi Mimmo si ritrova coinvolto in due procedimenti giudiziari, quello greco e quello italiano, paralleli e del tutto autonomi. Tanto da creare un "caso" internazionale. «Il principio giuridico del ne bis in idem è un cardine del nostro diritto - concludono i legali - secondo noi il comandante della nave avrebbe dovuto avvertire l' autorità giudiziaria italiana e attendere le sue determinazioni: chiederemo che vengano accertate tutte le responsabilità». Dalla compagnia proprietaria della nave replicano che «sono state eseguite le normali procedure» mentre fonti diplomatiche fanno sapere a Libero che l' ambasciata italiana di Atene «si è occupata di questo caso, come fa sempre nei casi di fermi di connazionali, ma la Grecia ha giurisdizione universale su alcune ipotesi di reato, pertanto l' ambasciata continuerà a seguire la vicenda e assistere il connazionale qualora venga chiamato a processo in Grecia».  

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