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Immigrazione, la Corte Ue blinda i rifugiati anche se criminali: non si possono rimpatriare

Gino Coala
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Un rifugiato extracomunitario che commette un reato in uno dei Paesi dell'Unione europea non può essere rimandato in patria anche se commette un reato nel Paese che lo ospita. L'ultima sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea chiarisce alcuni dettagli di una direttiva comunitaria del 2011 con la quale erano regolamentati la revoca o il rifiuto del riconoscimento dello status di rifugiato collegati alla protezione della sicurezza della comunità di uno Stato membro. Leggi anche: Salvini e il video dell'immigrato che minaccia il vigile: "Questa è la vita reale, io non mollo" La decisione dei giudici va ben oltre la protezione internazionale già prevista dalla Convenzione di Ginevra, concedendo agli Paesi Ue di revocare lo status di rifugiata nel caso di reati, ma impedisce loro di rimpatriare i condannati se il ritorno in patria può costituire un pericolo per la sua incolumità e limitazioni per la sua libertà. Il caso era stato sollevato da un cittadino ivoriano e uno congolese, oltre che da una persona di origini cecene. A loro era stato revocato o negato lo status di rifugiato dal Belgio e dalla Repubblica Ceca, perché la giustizia di quesi Paesi li aveva considerati una minaccia per la sicurezza. Secondo la sentenza, quindi, uno Stato membro dell'Ue non può rimpatriare un rapinatore o uno stupratore se commette il reato sotto lo status di rifugiato. Una decisione che ha scatenato la protesta del ministro dell'Interno, Matteo Salvini: "Ecco perché è importante cambiare questa Europa, con ilvoto alla Lega del 26 maggio. Comunque io non cambio idea e non cambio la legge: i richiedenti asilo che violentano, rubano e spaccciano, tornano tutti a casa loro. E nel Decreto Sicurezza Bis norme ancora più severe contro scafisti e trafficanti".

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