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Sea Watch, la sentenza del gip Vella su Carola Rackete ha frantumato i confini italiani: legge stravolta

Caterina Spinelli
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La sentenza del gip di Agrigento, Alessandra Vella, sulla scarcerazione di Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3, ha revocato la componente sanzionatoria della regola che vieta l'ingresso nelle acque territoriali italiane. La conseguenza è scontata: il carattere "imperativo" della norma giuridica decade. E così l'accesso abusivo nello spazio marittimo italiano - violato successivamente anche dalla Alex (ong Mediterranea Saving Humans) - sta assumendo una vera e propria espropriazione di sovranità nazionale. Le regole - riferisce Il Tempo - hanno efficacia fintantoché la loro trasgressione innesca il dispositivo della sanzione, ma se la punizione viene disattivata da interpretazioni elastiche, rendendola cedevole, decade l'impianto dissuasivo a protezione della legalità. Leggi anche: Carola Rackete, salvata anche dagli avvocati: il piano contro Salvini Non sono solo le ong italiane a non rispettare le regole del loro Paese, ma a permettersi di fare la morale per poi decidere deliberatamente di fare quello che meglio si crede, ci pensano anche le imbarcazioni battenti bandiere straniere. È il caso del natante Alan Kurdi della Ong tedesca Sea Eye, con a bordo 65 ospiti. La nave infatti, prima di ottenere il consenso da Malta, ha manifestato l'intenzione di seguire le orme della Sea Watch. A minare la sovranità e anche la credibilità d'Italia - prosegue Il Tempo - ci ha pensato proprio il nostro sistema giuridico con il tribunale di Agrigento che, autorizzando le pretese della Sea Watch 3, prima negate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, ha dato lo start a replicare azioni di navigazione illegittime.

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