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Venezia, effetti collaterali al tempo di Greta Thunberg: per M5s e gretini la colpa è della Lega

Maria Pezzi
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I veneziani, in queste ore, mostrano il volto rigato da lacrime che si mescolano a gocce salmastre di tempesta. È uno straziante impasto di dolore e spaesamento, quello che sta avvolgendo Venezia. La città affonda nell' "acqua granda", e fiumi di fango alti 1,87 metri spazzano furiosamente la città - un' inondazione apocalittica che non avveniva dal 1966 -; ma proprio in questo momento, in questo spettacolo lunare, ecco levarsi le grida stonate dell' ambientalismo di ritorno. Ci sono i seguaci di Greta che srotolano striscioni sulla maledizione dei cambiamenti climatici. Su Twitter si esaltano, da sinistra, i leoni da tastiera, gli haters dell' autonomia differenziata che non vedevano l' ora di sommergere il governatore leghista Zaia con la melma limacciosa del Canal Grande trasformatosi, d' un tratto, in impetuoso Rio delle Amazzoni («L' autonomia differenziata col culo degli altri. Pagateveli voi i danni dell' acqua alta e non rompete i coglioni», «Quando vedi Venezia allagata col Mose "pronto" dal 1995 e poi la Lega al 34%, ti scoppia una risata lunga», «Ora fatevi aiutare da Zaia»). E sul Blog delle Stelle spiccano i post ideologici che fanno la lezioncina ai cattivi ecologisti: «Cosa deve ancora accadere affinché capiamo tutti che così non si può andare avanti? Ieri in poche ore Venezia è stata devastata dalla marea, spinta da venti mai visti prima. Davvero vogliamo continuare a dirci che quella dei cambiamenti climatici è una sciocchezza, raccontata da ambientalisti esaltati? Eppure, sono i dati scientifici, le elaborazioni matematiche a dirci che senza un' inversione di tendenza, nel 2050 Venezia potrebbe sparire sott'acqua». Non servono maestrini La lezioncina mentre fuori infuria l' apocalisse, no, per favore. Che, poi, magari gli ambientalisti hanno pure, tecnicamente, ragione: con i suoi 48 centimetri di inabissamento previsti per il prossimo secolo, Venezia rischierà senz' altro la fine di Atlantide. Ma non è il caso di farcelo notare proprio ora. Proprio ora che l' inferno, oltre ogni colore politico, diventa la condizione di ogni veneziano. Ora che la Basilica di San Marco, con i suoi marmi e le sue colonne storiche, viene ripetutamente straziata da tremende bombe d' acqua. Ora che l' isola di Pellestrina è completamente annegata, sparita dai radar. Ora che sono saltate, in una allucinante carambola mortuaria, le cabine elettriche e le centraline; e sono crepate tre persone; ed è stata dichiarata l' emergenza nazionale. Ora, dinnanzi al disastro, c' è chi, tra i pentastellati, accusa: «Venezia è sott' acqua come la testa di chi non vuol capire». Lo trovo francamente fuori luogo. Il Veneto è un habituè delle emergenze nazionali inascoltate. Anche stavolta - come sempre - fioccano gli inevitabili attestati di solidarietà. Il premier Conte parla di «una situazione drammatica, una situazione maltempo che ci preoccupa e fa soffrire le comunità». «Partiamo dall' emergenza, abbiamo un' occasione storica per risolvere i problemi facendo squadra. Se muore Venezia, muore il Paese», afferma il sindaco delle città Luigi Brugnaro. E tutti a dire "poareti", a invocare soccorsi, a sganciare grandi pacche sulle spalle. Per approfondire leggi anche: Venezia, le parole choc del climatologo Ma, alla fine, tocca sempre ai veneti arrotolarsi le maniche per sbrigare in tempo record ciò che la burocrazia dello Stato tende a dilatare oltre la decenza. Certo, c' è sempre la faccenda del maledetto Mose, in cui tutti hanno le loro colpe. Il Mose pesa sulla coscienza dei veneti operosi e produttivi, perché è l' unica opera che i veneti operosi e produttivi non avrebbero voluto. Non costruita in questo modo, almeno. E lo dimostra il fatto che, nonostante la sua presenza a difesa della città dei Dogi, il Mose, pur non essendo mai stato usato, oggi mostri le sue dighe mobili mangiate dalla ruggine a causa di un acciaio di seconda scelta. E i dubbi sulla loro funzionalità sono tali che - rivela L' Espresso - perfino «il Magistrato alle acque aveva dato parere negativo all' ipotesi di attivare le difese anti-marea che pure, in teoria, sono già attivabili nelle quattro bocche di porto di Malamocco, Lido, Chioggia e Treporti». Opera maledetta Il Mose, che da ragazzo (sono veneto) arpionava il mio immaginario tra cigolii inquietanti e paratie che si schiudevano dall' acqua come le fauci di enormi caimani, nasce da un' idea che è una tara antica. Risale addirittura agli anni '80, e prende forma nel '94. I suoi lavori sono cominciati nel 2003 e mai portati a termine del tutto. Ancora ieri, riferisce l' Ansa, lo stesso Zaia lamentava che la sua completa messa a punto sarebbe stata fissata per il 31 dicembre 2021, roba che neanche i tempi d' appalto delle Muraglia cinese. E questa grande incompiuta è costata, tra l' altro, 5,5 miliardi di euro pubblici (c' è chi dice 7 miliardi). E, nel mezzo della sua eterna realizzazione, ecco dipanarsi inchieste e scandali di corruzione che toccano e abbattono campioni del centrodestra come l' ex governatore Galan. Il Mose, così, è una jattura. E dire che i veneti di buona volontà avevano pronti vari progetti (l' Arca di Giampiero Ieno, per esempio) per impedire al mare di mangiar loro l' anima a piccoli morsi. Ma questa è un' altra storia. Oggi carezziamo tutti il Leone di San Marco, oggi siamo tutti creature della Laguna. di Francesco Specchia

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