Cerca
Logo
Cerca
+

Fase 2, dieci motivi per essere ottimisti: contagi, laboratori, estate (e fine del governo Conte?)

Alessandro Giuli
  • a
  • a
  • a

 Esistono almeno dieci ragioni per non disperare a causa del Covid-19; dieci buone notizie, si potrebbe dire, una volta giunti alla così detta "Fase due". Il presupposto è che stiamo parlando di un coronavirus mai conosciuto prima, con un tasso di contagiosità ancora elevatissimo, che si trasmette prevalentemente attraverso le vie aeree e le colpisce in modo feroce fino a provocare trombi nei polmoni (ma anche in altri organi), con un tasso di letalità grezza superiore (in Italia) al 13 per cento; il che, fatte le debite proporzioni con i dati internazionali, suggerisce che almeno 3 milioni di italiani ne siano stati a vario grado colpiti (con un tasso di mortalità stimata superiore al 2%). Ora, con più di 200.000 casi accertati e quasi 30.000 vittime, a distanza di oltre tre mesi dal rilevamento della pandemia, gli effetti del lungo confinamento cominciano a essere palpabili, ma quali sono le vere novità positive? Vediamo.

 

 

 

Numero uno. L' emergenza sanitaria è praticamente finita. Ci sono sempre meno ospedalizzati e il livello di pressione nelle terapie intensive è in continuo calo. Il che significa che chi si ammala in modo serio ha più possibilità di essere seguito in modo accurato, da medici meno stressati (e più protetti) in strutture ormai quasi completamente adeguate.

Numero due. I presìdi sanitari finalmente tornano a respirare e, al netto della confusione sui falsi positivi e negativi nei tamponi, i dimessi sono in aumento rispetto ai ricoveri: si riducono i contagi e i pazienti critici mentre sale la quota di guariti e sintomatici lievi. Su un campione di 4.500 persone, la concentrazione dei casi rilevati tra il 1° e il 23 aprile è per circa il 44 per cento nelle case di riposo, per il 24 per cento nelle famiglie e per il 4,2 per cento nei luoghi di lavoro. Vuol dire che, fatta eccezione per la Lombardia che ha avuto percentuali fuori scala fin dapprincipio, almeno in parte i nostri arresti domiciliari chiamati lockdown hanno funzionato.
 

Numero tre, probabilmente un punto fondamentale. I medici cominciano a contrattaccare efficacemente il coronavirus. Vuoi perché la sperimentazione di farmaci antivirali, antireumatici e antimalarici si è stabilizzata e sta infine producendo un effetto superiore a quello delle iniziali e confuse cure compassionevoli (quelle che comunque hanno salvato la pelle alla coppia di cinesi ricoverata a Roma a fine gennaio); vuoi perché il personale sanitario ha imparato dai propri errori (inevitabili, in principio): dal dosaggio più ponderato di farmaci che spesso provocano autentici choc metabolici a una maggior perizia nella ventilazione polmonare che prelude alla respirazione assistita ma a volte complica invece di semplificare il decorso. Non da ultimo, a proposito di eccellenza lombarda: a Mantova e a Pavia stanno funzionando a meraviglia le cure con il plasma iperimmune ricavato dal sangue dei guariti; siamo già ben oltre la fase dei test sperimentali, come sta testimoniando con meritata gioia il primario mantovano di Pneumologia Giuseppe De Donno.

Numero quattro. Non sappiamo se abbia ragione il team di scienziati israeliani secondo i quali la vita media di ogni coronavirus si attesta intorno ai 70 giorni, fatto sta il Sars-Cov 2 sembra stia dando segnali d' indebolimento. Molto dipenderà dal fatto che l' isolamento e il distanziamento sociale riducono forzosamente la circolazione di una carica virale altrimenti devastante; ma trattandosi di un agente patogeno di tipo respiratorio è lecito sperare che segua l' iter dei suoi parenti più stretti (non soltanto coronavirus) muovendosi come uno sciame sismico d' intensa ma non troppo lunga durata. Salvo poi, purtroppo, riemergere dalla latenza una volta che le condizioni climatiche torneranno favorevoli? Può darsi, ma non dimentichiamoci che ogni virus influenzale è soggetto a continue mutazioni le quali a volte depotenziano la sua aggressività. Il virologo Guido Silvestri, che lavora all' Emory University di Atlanta, ha appena suggerito che "la grande ritirata" stagionale del Sars-Cov2 potrebbe essere già cominciata. E con questo passiamo al capitolo successivo.

Numero cinque. Come ipotizzato tempo fa dal virologo Roberto Burioni, la bella stagione sta forse facendo il proprio dovere. Il calore del Sole fa evaporare le goccioline contenenti il Sars-Cov 2 e "prosciuga" le sue riserve che si depositano sulle superfici. Il nostro sistema immunitario, inoltre, con la primavera tende a rafforzarsi e reagisce meglio a ogni aggressione patogena. Il nemico si affloscia, noi ci rafforziamo.

Numero sei. Ci sono almeno una dozzina di centri specializzati in tutto il mondo che stanno lavorando a un vaccino. La sequenza genomica del coronavirus è nota da tempo, in molti si sono attrezzati per passare dallo studio dell' RNA virale alla sua aggressione in laboratorio e, a cominciare degli Stati Uniti, alla sperimentazione di vaccini sugli esseri umani. Di là dai mesi necessari per mettere a regime una vaccinazione di massa, la prospettiva di un contravveleno raggiungibile in meno di due semestri è plausibile.
Lo dimostra il lavoro dell' IRBM di Pomezia, che fa capo a Piero Di Lorenzo e agisce di concerto con l' Università di Oxford: i test sul vaccino autorizzati a Londra, su circa 550 persone che si sono sottoposte in modo volontario, hanno dato risultati positivi. In altre parole: non dovremmo abituarci a una convivenza troppo lunga con il dèmone cinese, perché potrebbe essere debellato prima ancora che si trasformi in un raffreddore o sparisca come la Sars.

Numero sette. Non ci faremo mai più cogliere impreparati come è avvenuto nel battesimo del fuoco virale 2020. Il sistema sanitario nazionale verrà rimpannucciato in qualche modo; le politiche di distanziamento sociale, protezione e prevenzione, combinate con interventi chirurgici immediati contro nuovi focolai (zone rosse e lockdown su misura), dovrebbero ridurre esponenzialmente l' impatto di una eventuale seconda ondata.

Numero otto. Il nord in generale, e la Lombardia in particolare, dovrebbero essere in futuro la nostra "muraglia cinese" contro sgraditi ritorni, anche se non conosciamo durata e tenuta degli anticorpi sviluppati dall' organismo umano colpito da Covid-19, abbiamo appena appreso dalla rivista Nature che il 100% dei guariti dalla malattia mostra la presenza di Igg, quindi il nostro sangue sta già sviluppando la sua cintura di protezione immunitaria.
A rigore di logica quando vedremo emergere un minimo d' immunità di gregge questa sarà in Padania. Le zone più flagellate, non a caso quelle più produttive e maggiormente interessate dalla circolazione internazionale di uomini e merci, un domani s' incaricheranno di arrestare naturalmente la catena del contagio quando questa tornerà a bussare alle stesse porte.

Numero nove. La collaborazione fra gli Stati è destinata a intensificarsi non soltanto sul piano scientifico. La Cina e l' Oms che le ha tenuto il gioco hanno perso credibilità e non riusciranno più a sottrarsi allo sguardo dell' opinione pubblica. Le altre nazioni, che nella presente emergenza hanno reagito in ordine sparso, cercheranno di non incorrere nelle stesse incertezze e lungaggini. Con la crisi del multilateralismo, si tornerà a un sistema di chiusure veloci e mirate dei confini, ma la comunicazione interstatale potrebbe diventare più tempestiva che tempestosa.

Numero dieci. Discende dai precedenti nove punti: la pandemia finora ha tenuto in vita uno dei peggiori governi della storia repubblicana. Con l' affievolirsi del Covid-19, dovrebbe evaporare anche il ruolo di Giuseppe Conte e della sua incommentabile corte dei miracoli. La ripresa sarà durissima, ed è appunto un lavoro per persone forti e capaci.

Dai blog