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Giuseppe Conte, il retroscena: "Alla pm Rota ha detto di non aver mai ricevuto il dossier tecnico sul focolaio di Bergamo"

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Un dettaglio sconcertante emerge dall'interrogatorio di Giuseppe Conte di venerdì davanti alla pm di Bergamo Maria Cristina Rota, che lo ha ascoltato come persona informata sui fatti nell'ambito dell'inchiesta per "epidemia colposa" sulla mancata istituzione della zona rossa a Nembro e Alzano, a inizio marzo.

 

 



Il 26 febbraio, è la ricostruzione del Corriere della Sera della linea difensiva adottata dal premier, "la Regione Lombardia sapeva che in provincia di Bergamo c'era il rischio di un'impennata di contagi da coronavirus". La prova sarebbe nella parole pronunciate dall'assessore al Welfare Giulio Gallera 4 giorni dopo la chiusura del primo focolaio di Codogno. L'assessore parlò di un "nuovo focolaio" relativo all'impennata di contagi nella Bergamasca, ma la Regione non sollecitò l'istituzione della zona rossa, ha spiegato Conte. Ma qui la palla passa al governo. Il premier, rivela il Corsera, ha dichiarato ai magistrati di non aver "mai ricevuto il verbale della riunione del Comitato tecnico scientifico del 3 marzo che suggeriva di prendere provvedimenti". Roba da saltare sulla sedia, in piena emergenza sanitaria nazionale. "Soltanto il 5 marzo, quando mi è stata consegnata l'ulteriore sollecitazione del professor Silvio Brusaferro, ho chiesto un approfondimento e in base a quei dati si è deciso di chiudere l'intera regione oltre a 13 province di altre regioni". Un bel salto, visto che dal 3 marzo si passa al weekend dell'8 marzo. Cinque giorni di sostanziale liberi tutti, sebbene sui giornali si parlasse solo del caso Lombardia. Ma qualcuno, al Comitato tecnico scientifico, si è dimenticato di avvisare Palazzo Chigi. 

 

 

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