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Istat, il crollo delle nascite: il tragico effetto-coronavirus, in Italia crescono anche le disuguaglianze

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Crollo delle nascite, giù l'occupazione, aumento delle disuguaglianze sociali a causa del Covid. Il rapporto annuale dell'Istat presentato oggi è come lo ha definito  Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati, "un pugno nello stomaco la crisi scatenata dal Covid colpisce il cuore del Paese. E il governo è immobile, impantanato nelle sue contraddizioni, incapace di prendere decisioni e di agire per far ripartire l'Italia e per dare una prospettiva di ottimismo a famiglie, a lavoratori, e a imprenditori".


Secondo l'Istituto nazionale di statistica va di ripartenza il Covid ha allargato i divari già esistenti nella scal sociale nella quale è più facile scendere che salire. Il mercato del lavoro si restringe - il 12% delle imprese pensa di tagliare - proprio per le fasce più deboli, giovani e donne.

 

 

Tragico il dato sulle nascite e ci si aspetta un crollo ulteriore nel periodo post Covid."Recenti simulazioni, che tengono conto del clima di incertezza e paura associato alla pandemia in atto, mettono in luce un suo primo effetto nell'immediato futuro; un calo che dovrebbe mantenersi nell'ordine di poco meno di 10mila nati, ripartiti per un terzo nel 2020 e per due terzi nel 2021". E La prospettiva peggiora se si tiene conto dello shock sull'occupazione. I nati scenderebbero a circa 426mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi ridursi a 396mila, nel caso più sfavorevole, in quello del 2021".


Penalizzate per quanto riguarda il mondo del lavoro sono, ancora una volta, le donne tra cui è alta, anche se non maggioritaria, la diffusione dei cosiddetti orari antisociali – serali, notturni, nel fine settimana, turni – che assumono grande rilevanza per la qualità del lavoro e la conciliazione con la vita privata. E’ quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat.Più di due milioni e mezzo di occupati – di cui 767mila donne – dichiarano infatti di lavorare di notte; quasi cinque milioni – di cui 2 milioni donne – prestano servizio la domenica e oltre 3,8 milioni – 1 milione e 600mila donne – sono soggetti a turni.

Se i nidi e i servizi integrativi, "tradizionalmente strumenti di conciliazione", rivestono "una importante funzione educativa e quindi un ruolo nella riduzione delle diseguaglianze tra bambini", l’offerta di servizi per la prima infanzia, "carente e diseguale sul territorio, svantaggia le donne scoraggiandone la partecipazione e i bambini che non frequentano il nido perché costoso o non disponibile". Lo svantaggio "ricade soprattutto sui bambini delle famiglie meno agiate e sul Mezzogiorno.

Tra le famiglie con bambini, va al nido il 13% di quelle più povere e il 31,2% di quelle più ricche. Nel Mezzogiorno, i posti disponibili nei nidi e nei servizi integrativi, pubblici e privati, in media non coprono il 15% dei bambini fino a 3 anni di età: cinque regioni del Centro-Nord hanno invece già superato il 33% di bambini al nido fissato come obiettivo europeo".

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