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Dritto e Rovescio, la drastica decisione di Musumeci sul vaccino: "Per loro niente seconda dose", chi massacra

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I furbetti del vaccino preoccupano Nello Musumeci. Centinaia di migliaia sono le dosi contro il coronavirus somministrate in Italia a chi non ne aveva diritto. La maggior parte dei "salta-fila" si troverebbe in Sicilia. Una prassi che il presidente della Regione è pronto a tutto pur di fermare. Anche a non fornire ai furbetti la seconda dose. "Sarebbe come dire 'bravo, complimenti', a chi ha commesso un atto fuorilegge", ha tuonato il governatore davanti alle telecamere di Dritto e Rovescio su Rete Quattro.

 

 

Un fatto conclamato. Tanto che due dirigenti dell'Asp di Ragusa, intenti a vaccinare parenti e amici, sono stati sospesi: "Dobbiamo dare un segnale, altrimenti tutti possono fare quello che vogliono", ha fatto eco il direttore generale dell'Azienda sanitaria provinciale Angelo Aliquò. Ancora più imbarazzante l'indiscrezione che vede tra i vaccinati senza diritto anche un sacerdote di Modica. All'accusa mossa dal programma di Paolo Del Debbio, il parroco però non ha confermato né smentito.

 

 

Intanto, come detto sopra, i due dirigenti dell'Azienda Sanitaria Provinciale sono stati sospesi per 30 giorni. Dalle prime verifiche è emerso che, in seguito alla defezione di alcuni prenotati nei primi giorni di avvio delle vaccinazioni, il 6 gennaio le dosi sono state somministrate alla moglie dipendente comunale di uno dei due dirigenti, alla figlia (che ne aveva diritto in quanto operatore sanitario) e al genero. In un'intervista il dirigente aveva negato pubblicamente che fra i vaccinati ci fossero suoi parenti, ma è stato smentito dai registri ufficiali. Il secondo provvedimento di sospensione invece è andato alla sua sostituta. Quest'ultima ha vaccinato marito, fratello, nipote di 25 anni e altri parenti. Casi non sporadici. Tanto da costringere il vice presidente della Commissione Sanità all’Ars, Carmelo Pullara a chiedere "pene esemplari e se necessario il governo regionale si debba costituire Parte civile in sede processuale". Per Pullara si tratta di una questione di buon senso e correttezza.

 

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