Don Filippo Di Giacomo è intervenuto sul Venerdì di Repubblica su un tema particolarmente delicato, quello del “sigillo sacramentale” che impedisce al prete di rivelare quanto appreso nel segreto del confessionale, pena la scomunica e la dimissione dallo stato clericale in diritto canonico, o un anno di carcere e multa per il diritto penale.
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Al momento di congedarsi dai fedeli, il Pontefice si alza e srotola, nell'aula Nervi, uno stendardo giallo e azzurro...“Secondo gli accusatori - scrive Don Filippo Di Giacomo - tale ‘sigillo’ è correo nella maggior parte dei silenzi caduti sugli abusi compiuti da preti. In una decina di Paesi, anglosassoni e non come Spagna e Francia, le assemblee legislative hanno votato, o stanno per farlo, leggi che obbligano chi riceve la confessione di un abusatole di un minore a denunciarlo”. Poi Di Giacomo si è occupato dell’intervento sulla questione di Papa Francesco, avvenuto il 25 marzo scorso in conclusione del 32esimo corso sul Foro interno organizzato dalla Penitenzieria apostolica. “Il sigillo - ha dichiarato il Pontefice - è dal momento in cui si comincia al momento della fine. Ma se a metà avete parlato di quella cosa? Niente, tutto è sotto sigillo”.
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All'improvviso, al termine dell'udienza generale, Papa Francesco chiama accanto a sé un gruppo di bambini...“Ha solo parlato di ‘qualche associazione’ cattolica - ha fatto notate don Filippo - nella quale ‘sta entrando una relativizzazione del sigillo sacramentale: il sigillo è il peccato, ma poi tutto quello che viene dopo il peccato o prima del peccato, il confessore lo dice ai superiori’. Cosa si intende per ‘qualche associazione’, nella Chiesa è noto. E se lo sa anche il Papa, il Vaticano potrebbe smettere di far finta di non sapere”.