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Torino, la bufala dello stupratore assolto per una porta aperta: ecco la verità

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Marco Bardesono
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Una sentenza che forse non farà giurisprudenza, quella pronunciata nei giorni scorsi dalla IV Sezione Penale della Corte d'Appello di Torino. Ma che, secondo giornali e siti internet, ha scandalizzato. Perché - così è stato sottolineato da importanti commentatori un ragazzo sarebbe stato assolto dall'accusa di stupro avvenuto nella toeletta di un locale poiché la vittima, avendo lasciato la porta del bagno socchiusa, si sarebbe in questo modo dimostrata "disponibile", così quasi "invitando" l'uomo a far sesso con lei. E se fosse davvero così - o meglio, solo così - allora davvero i commentatori avrebbero ragione a gridare allo scandalo, tuonando contro Piera Caprioglio (sì, una donna), Giacomo Marson e Marco Lombardo, i tre giudici della Corte. Ma è poi davvero così? Non proprio. Se si leggono le motivazioni della pronuncia, si scopre che i fatti sono andati in maniera diversa, e che la "porta socchiusa" non è che un elemento, tra l'altro marginale, della vicenda.

 

 

 

L'INCONTRO

«L'incontro tra i due giovani - scrivono i magistrati-, avvenne di comune accordo e dopo precedenti occasioni in cui vi erano state effusioni tra i due». Non due sconosciuti, dunque. Che si incontrano e consumano insieme «più aperitivi a base alcolica». Poi, usciti dal bar dove avevano passato il pomeriggio, alla ragazza insorge un bisogno fisiologico, e «l'imputato, che aveva lavorato presso la Yogurteria e sapeva della presenza di un bagno, chiese il favore di ricevere la chiave. L'occasione di accedere nel bagno non partì dal ragazzo, ma dalla giovane». Che si fece accompagnare ai servizi, già non sentendosi bene. «Appena entrata nella toeletta, la giovane chiese al suo amico di sporgerglieli i fazzoletti, dopo averli prelevati dalla sua borsetta che gli aveva lasciato in custodia». A questo punto i giudici annotano: «Ancora una volta non fu l'indagato ad aver cercato un pretesto per introdursi nel bagno». Secondo il racconto della ragazza: «Ella prese i fazzoletti, ma non chiuse la porta, con il che l'amico entrò nell'angusto locale, la prese da dietro, le tirò giù i pantaloni rompendone la cerniera. Quindi urlò e presa da un attacco di panico, vomitò». Ma la versione non convince i giudici: «Ella disse di aver gridato all'interno del cortile dove si trovava il bagno, ma nessuno ebbe ad udire, neppure il personale della Yogurteria che anzi, non vedendo ritornare la chiave, si chiese per quanto tempo detto bagno venisse occupato».

ATTO FUGACE

Da notare che la stessa ragazza, dopo aver sporto denuncia due giorni dopo l'accaduto, si fece accompagnare da parenti all'ospedale ma «disse ai sanitari, che non riscontrarono segni di lesioni, che non era in grado di dire se vi fosse stata o meno penetrazione vaginale, in quanto era confusa per l'alcol assunto e l'attacco di panico sopraggiunto». D'altro canto, è lo stesso ragazzo a confermare agli inquirenti che la penetrazione, sia pur fugace, c'era effettivamente stata, «fugace atto sessuale del tutto consenziente» (ovviamente a suo dire). La Corte poi aggiunge: «Quando la giovane fu colta da crisi di vomito e di panico, l'imputato non l'abbandonò; anzi, dapprima cercò di aiutarla per rimettere in asse la cerniera dei pantaloni, poi assecondò tutte le sue richieste, sia di ricercare la sorella, sia di chiamare gli zii. Non solo: si fece dare una sedia ed una felpa per fare accomodare e riscaldare la ragazza, non prima di averla aiutata a lavarsi la faccia ed i capelli che erano finiti nella pozza di vomito». Quando poi gli zii arrivarono, come detto allertati dal ragzzo, «egli andò loro incontro per fare strada e condurli sul luogo ove la giovane li stava attendendo. Gli stessi zii della giovane descrissero l'imputato come un ragazzo gentile, che li aveva addirittura aiutati a ricoprire i sedili dell'auto su cui venne trasportata la nipote, onde evitare che li macchiasse con il vomito». Comportamenti che i magistrati ritengono essere «molto lontani da quelli che caratterizzano uno stupratore, e tale realtà deve essere tenuta in conto per interpretare i singoli passaggi che connotano questa vicenda. Una volta concluso questo infelice accostamento, la ragazza non cacciò l'amico, anzi lo coinvolse nella ricerca del pezzo di cerniera che era andato smarrito e che il giovane aveva ancora tra le mani e che le consegnò, aiutandola a rimettere a posto i pantaloni. Non solo, lo invitò a chiamare i suoi familiari e non disdegnò affatto che lui le stesse vicino, fino all'arrivo dei suoi zii».

 

 

 

PASSAGGIO CHIAVE

Ed ecco il passaggio tanto contestato, e magari scritto in maniera infelice: «Non si può escludere che al ragazzo la giovane abbia dato delle speranze, facendosi accompagnare in bagno, facendosi sporgere i fazzoletti, tenendo la porta socchiusa, aperture lette dall'imputato come un invito ad osare». Certo, la forma è rivedibile e, se estrapolata e isolata, può dar adito a interpretazioni ambigue, ma - ovviamente - è necessario inserire il passaggio nel complesso del dispositivo. Il collegio giudicante conclude: «Solo in questa ottica si può capire il contegno dimesso e collaborativo che tenne il presunto stupratore, che non abbandonò la giovane al suo destino, mala sostenne consapevole di non avere fatto nulla di male». 

 

 

 

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