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Andrea Spada, il sacerdote che moltiplicava i giornali

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Vittorio Feltri
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Vi proponiamo l'articolo di Vittorio Feltri dello scorso 1 dicembre in cui ricorda Andrea Spada nel diciottesimo anniversario della sua scomparsa.

Oggi ricorre il diciottesimo anniversario della morte di Andrea Spada, un prete talmente grande che riuscì a dirigere il quotidiano della Curia di Bergamo per la bellezza di 51 anni. Un record mondiale. Ma non è solo per questo che amiamo ricordarlo. Egli infatti fu chiamato dal vescovo dell'epoca a lavorare al giornale come redattore ordinario, era mi pare un mercoledì. Al giovedì fu nominato caporedattore e, il venerdì, promosso direttore responsabile. Altro record mondiale. Il terzo primato è questo: egli prese il comando del foglio orobico quando vendeva 1500 copie al giorno e lo portò nel periodo finale del suo lavoro instancabile a 70 mila.


D'accordo che questo uomo era un monsignore e quindi aveva confidenza col Padreterno, ma un miracolo del genere non accade spesso, quasi mai. Forse soltanto io, modestia a parte, ho fatto qualcosa di simile all'Indipendente (da 15 mila copie a 126 mila in poco più di un anno) e poi al Giornale fondato da Montanelli (da 115 mila al dì a 256 mila in pochi mesi). Mi scuso per l'autocitazione, ma quando ci vuole ci vuole. Spada aveva un brutto carattere come tutti quelli che ne hanno uno e comandava a bacchetta i suoi dipendenti, non numerosi ma fedeli. Io, essendo un bergamasco smanioso di scrivere, riuscii grazie a una raccomandazione del mio professore, altro prete, monsignor Angelo Meli (che mi parlava o in dialetto o in latino, ragione per cui fui costretto a imparare la lingua di Cesare) a entrare nella redazione in qualità di collaboratore esterno, con la mansione di vicecritico cinematografico e non solo, anche di aiuto cronista.

 


L'UCCELLO
Il direttore vergava spesso articoli di fondo al termine dei quali, al posto della sua firma, stampava una piccola rondine, anticipando Giuliano Ferrara che ai suoi elaborati pone fine con un elefantino, alludendo alla propria corporatura. Una sera, il capo della tipografia, non trovando più la rondinella gridò ai colleghi: chi ha visto l'uccello del direttore me lo dia. Proprio in quel momento Spada fece ingresso nella sala macchine per cui udì l'esclamazione sfuggita al numero uno degli operai. Il monsignore non disse una parola, ma da quel momento non ha più usato l'immagine del volatile, sostituendola con Gladius (spada in latino). I possibili riferimenti sessuali non erano graditi al nostro sacerdote comandante.

 

LA PAROLA VIETATA
Una mattina lo incrociai in corridoio e mi bloccò sollevandomi di peso: «Senti Feltri, nel tuo pezzo uscito stamane hai usato una pessima espressione». Quale? «In seno alla commissione». E aggiunse irato: «Su un giornale cattolico il seno è vietato, chiaro?». In un'altra circostanza accadde un episodio analogo. Il comandante entra nel mio ufficetto e mi sgrida perché nella recensione di un film western avevo scritto che lo sceriffo aveva estratto la pistola. Non mi sembrava una parolaccia. Ma Spada, alzando la voce, esclamò: «Qui l'unico pistola sei tu che non hai capito che alludere al sesso è vietato». Rimasi basito e timidamente dissi: «Ma la pistola si chiama pistola». E lui: «rivoltella». Credo sia per questo motivo lessicale che quando si trattò di assumere due praticanti fui escluso dal novero dei candidati. Vennero privilegiati due miei coetanei che poi furono bocciati due volte all'esame di Stato per l'iscrizione all'ordine dei giornalisti professionisti. Incazzato nero mi licenziai. Fui ingaggiato dalla Notte, quotidiano del pomeriggio di successo, e mi trasferii a Milano dove poi ebbi una fortuna sfacciata, passando al Corriere della Sera.
 

 

L'AUTOMOBILE
Trascorrono gli anni e una sera entro in un ristorante. Al tavolo accanto al mio era seduto Spada che mi sorrise cordialmente. Mi alzai e andai a salutarlo. Condividemmo il tempo della cena e scoprii la sua simpatia. A un certo punto il prete mi coprì di complimenti per il mio lavoro di inviato. Rimasi paralizzato. Quando egli un paio di anni dopo, ultranovantenne, si ritirò a vita privata tornando al suo paesello, Schilpario, un comune montano della valle di Scalve, andai su a rendergli omaggio. E lui mi invitò a pranzo in un bellissimo ristorante, per raggiungere il quale mi fece salire sulla sua automobile, una enorme BMW. Una volta a destinazione scendemmo dalla vettura malamente parcheggiata, e io gli domandai: «Direttore, come mai la sua macchina è tutta ammaccata?» «Semplice, o mi si è accorciata la vista, o si N è allungata l'auto». Quando 18 anni fa morì 96enne, mi sono chiuso nel mio studio e ho pianto un po', non troppo. 

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