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Aosta, il gender usa le fiabe per indottrinare i bimbi

Tommaso Lorenzini
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Dalla cosiddetta “carriera alias”, una delle tante invenzioni sponsorizzate dal movimento Lgbt (cioè la possibilità data agli alunni di scegliere il nome maschile o femminile con cui essere chiamati e nominati in tutti i documenti, a prescindere dal loro sesso biologico), ai “bagni neutri” realizzati in alcuni istituti (nei quali ragazzi e ragazze possono accedere a prescindere dal loro sesso biologico), i tentativi di mettere le mani sulla scuola mossi da quanti propagandano la teoria del gender con la scusa di combattere l’omofobia sono più o meno manifesti, eclatanti oppure addirittura carsici, sotterranei. Se però finora l’attenzione era soprattutto rivolta a ragazzi di età deputata a iniziare a farsi, e fare, domande e attendersi risposte serie e magari non pilotate dall’ideologia arcobaleno, l’ultimo caso abbassa drasticamente l’asticella.

Ad Aosta è scoppiata infatti polemica per un evento dedicato ai bambini all’interno della Pride Week 2023. Il 30 settembre, nella biblioteca del quartiere Dora di Aosta, Francesco Pierri, attivista Lgbtqia+, con trucco e parrucco nei panni della drag queen Cristina Prenestina leggerà il suo libro Nino il T-rex (rivolto a chi ha da 3 anni in su) e guiderà bambini e bambine in un «laboratorio creativo» come successo a Bari a maggio. Il racconto segue il filo della lotta al bullismo, la storia del tremendo Nino, il bullo più bullo, «arrabbiato e invidioso per non aver mai ricevuto un abbraccio caldo e amorevole. A capirlo è un cucciolo di essere umano che un bel giorno decide di affrontare il dinosauro e, addirittura... abbracciarlo».

 


Edificante, se non che, come si domanda la Lega valdostana, è singolare comprendere: per quale motivo debba essere «un uomo mascherato da donna» a proporre letture simili ai bambini; per quale motivo, se si tratta di sensibilizzare in così piccola età contro il bullismo, l’evento sia palesemente di matrice arcobaleno; e, non ultimo, per quale motivo sulla locandina dell’appuntamento l’invito sia esplicitamente indicato come un «evento per bambine», con la schwa (la lettera inclusiva, che non fa distinzioni fra i sessi generando in realtà confusione massima) al posto della “i” o della “e” per “bambini” o “bambine”. Gli organizzatori spiegano come la serata sia «su prenotazione: sono i genitori a iscrivere figli e figlie», mascherandosi dietro la considerazione che le biblioteche sono «spazi di inclusione». Ma quella schwa racconta più di ogni altra giustificazione.

 

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