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Lavoro, via il reddito? Si torna a lavorare: vola l'occupazione

Sandro Iacometti
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Convincere gli italiani che il Paese è sull’orlo del baratro, con l’esplosione della precarietà, il carovita che soffoca le famiglie e i mercati pronti a prenderci a legnate, diventa sempre più arduo. Per carità, sarebbe sciocco pensare che Schlein, Conte e Landini si mettano ad applaudire. Ci mancherebbe. Il leader della Cgil oggi scenderà addirittura in piazza a Napoli continuando a sbraitare contro un esecutivo che sta portando l’Italia «a sbattere», come ripete ossessivamente da un paio di settimane. 

Ma ogni giorno che passa la distanza tra le profezie dei catastrofisti e la realtà dei fatti si fa più ampia. Dopo la quadrupla promozione delle agenzie di rating, la Borsa ai massimi storici e lo spread ridisceso a livelli che non si vedevano da mesi, ieri a rovesciare una bella secchiata di acqua gelata sulle opposizioni ci ha pensato l’Istat. Avete presente le proteste sui rincari, le accuse di inerzia al governo e gli allarmi sulla tenuta sociale? Ebbene, secondo le stime preliminari l’indice nazionale dei prezzi al consumo a novembre ha registrato una diminuzione dello 0,4% su base mensile e un aumento dello 0,8% su base annua, dal +1,7% del mese precedente. Un valore «che non si registrava da marzo 2021». Per la cronaca, calano anche l’inflazione di fondo, scesa al 3,6 dal 4,2% di ottobre, e il carrello della spesa, scivolato al 5,8%.

 

 

UNDICI PUNTI
La sostanza è che nell’ultimo anno il carovita è sceso dall’11,8 allo 0,8%, undici punti percentuali secchi. Alla faccia di chi ha spernacchiato non solo i cartelli dei benzinai o gli accordi con la grande distribuzione, ma anche di chi ha criticato la scelta del governo di mantenere i sostegni solo per i redditi più bassi, così come suggerito dagli organismi internazionali per non alimentare spirali inflattive. Sempre per la cronaca, nell’Eurozona l’inflazione è ancora al 2,4%. Ma la vera brutta notizia per Schlein, Conte e Landini è che il lavoro non è mai andato così bene. Già, magari il fatto che il governo abbia smantellato il reddito di cittadinanza non c’entra niente, così come potrebbero non aver contribuito tutte le misure di detassazione per favorire le assunzioni.

 


POSTI FISSI
Stadi fatto che malgrado la frenata dell’economia provocata in gran parte dai rialzi dei tassi di interesse da parte della Bce e dalle tensioni geopolitiche provocate dai conflitti in atto, le imprese hanno continuato a firmare contratti. E non contratti qualsiasi, ma, con buona pace della Cgil, a tempo indeterminato. Il tasso di occupazione ad ottobre è infatti salito al 61,8%, segnando un nuovo record storico con quasi 23,7 milioni di unità. Nel dettaglio, si contano 27mila occupati in più rispetto al mese precedente e 458mila in più rispetto ad ottobre 2022. L'aumento è legato ancora una volta ai dipendenti stabili (+77mila sul mese e +455mila sull'anno), mentre calano i dipendenti a termine (-20mila e -64mila). Sale anche il tasso di disoccupazione al 7,8%, e quello giovanile al 24,7%. Ma diminuiscono gli inattivi, ovvero coloro che non hanno e non cercano un posto che, rientrando nel mercato del lavoro, contribuiscono ad allargare le file di chi vuole trovare un impiego.

 

 

La reazione della sinistra? Una polemica sulla piattaforma per il Supporto formazione e lavoro, che non funzionerebbe a dovere. Vogliono che Calderone vada in aula a riferire. Magari riesce a fargli capire che quando elimini i pasti gratis (pagati dai contribuenti) la gente si rimbocca le maniche. 

 

 

 

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