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Predappio, bimbo di 8 anni vestito da Balilla? Indagati i genitori

Simona Pletto
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Gli Arditi d’Italia che organizzano i raduni lo avevano consigliato agli ormai folkloristici “nostalgici” in camicia nera: «Nessun saluto romano al centenario della Marcia su Roma che si tiene a Predappio, mettetevi piuttosto la mano sul cuore».

E molti dei circa tremila partecipanti alla manifestazione di neofascisti hanno seguito l’ordine. Ma qualcun altro invece, nostalgia canaglia, no. Per quel gesto a mano tesa, o per aver gridato “presente” all’appello “Camerata Benito Mussolini”, o per aver indossato divise tipiche del disciolto partito fascista, presto 12 di loro compariranno in Tribunale a Forlì per le presunte violazioni della Legge Scelba del 1952 sull’apologia di fascismo; e per la violazione della Legge Mancino del 1993 contro l’incitamento dell’odio razziale.

Tra i “fanatici del Ventennio” in odore di processo, gli stessi che quel 30 ottobre 2022 erano arrivati a Predappio da diverse parti d’Italia (Forlì, Ravenna, Ferrara, Venezia, Padova, Treviso, Pordenone, Brescia, Firenze, Fermo) per commemorare i cento anni dall’evento che diede inizio al fascismo, ci sono i genitori di un bambino che nella sfilata verso il cimitero che ospita la tomba del Duce, vestirono il loro figlio di appena 8 anni con camicia nera, basco, anfibi, fazzoletto nero al collo. Per l’accusa, di fatto, si tratta di un richiamo alla divisa dei balilla. Nei guai anche un altro partecipante, per aver indossato la divisa nera del gerarca fascista. Tra gli indagati per i quali la Procura di Forlì ha disposto la citazione a giudizio,i c’è anche il Mirco Santarelli, all’epoca responsabile degli Arditi d’Italia.

 

 

 

Quella fissata per il prossimo 17 maggio davanti al giudice monocratico, è di fatto la prima udienza predibattimentale, che riguarda Predappio, dopo l’uscita della sentenza a sezioni unite della Cassazione (attese per fine marzo le motivazioni) che sdogana penalmente il gesto, se non inserito in un contesto che rappresenti effettivamente un pericolo di ricostituzione del partito fascista. Parte delle accuse, dunque, potrebbero essere soggette alla revisione imposta dalla Corte Suprema. Ma nel frattempo l’iter processuale va avanti e il rischio di condanna per gli indagati resta alto.

«La mia assistita si è subito pentita di aver portato a Predappio il figlio e di averlo vestito con quella divisa che comunque non aveva vessilli né simboli richiamanti la divisa dei balilla. Aveva una spilla sì, ma non richiamava alcun simbolo», confida l’avvocato Francesco Stefani del Foro di Firenze che difende i genitori del bimbo. «Maledice quel giorno da due anni». E conclude, dopo averci spiegato che rischiano una pena fino a 6 anni: «I miei assistiti non sono iscritti a partiti e non hanno avuto mai problemi con la giustizia. Ora temono solo di sporcare la fedina penale per una commemorazione regolarmente autorizzata e vissuta come un momento folkloristico da entrambi».

Condanne che forse appaiono un po’ fuori misura, al pari di ciò che rappresentano oggi queste sfilate rievocative dei “nostalgici” a Predappio. Tre volte all’anno (a fine aprile, luglio e ottobre per ricordare rispettivamente la morte, la nascita di Mussolini e la Marcia su Roma), il corteo “nero”, al grido di “Faccetta nera” e “Viva il Duce”, si leva dalla piazza principale e raggiunge il cimitero di San Cassiano, dove è custodita la cripta di Mussolini. Qualche alzata di mano viene puntualmente immortalata dai flash dei fotografi italiani e stranieri presenti ogni volta ai cortei.

 

 

 

Ecco allora che nei tribunali della Romagna e non solo, non mancano cause penali per gli stessi reati. Il destino di questi giovani e anziani nostalgici è legato al giudice di turno: nella valutazione dell’apologia del fascismo, si passa infatti molto facilmente dall’assoluzione alle condanne (da 2 mesi fino a 3 anni di carcere la pena per il saluto romano). Solo l’avvocato forlivese Francesco Minutillo, autore del discusso libro “Anche i fascisti hanno diritti. Settant’anni di processo al saluto romano”, ha 5 cause tra Forlì e Ravenna ed ha difeso oltre 50 imputati a cui nel tempo è “partito” quel braccio teso.

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