E dire che ai militanti di “Rivolta Pride” sarebbe bastata una ricerca facile facile sul web. Sul portale gay.it, ad esempio, è riportata la classifica in base all’Equal dex, ovvero il rispetto dei diritti della comunità Lgbtiq nei vari Paesi del mondo. Ebbene, la “Palestina” nel suo complesso (Cisgiordania e Striscia di Gaza) occupa il 190esimo posto su 197. Nelle porzione di territorio sotto il controllo di Hamas fino alle stragi del 7 ottobre 2023, ricorda gay.it, «sono stati segnalati casi di persecuzioni, violenze e persino omicidi di persone sospettate di essere omosessuali e/o persone con identità di genere non conforme». Hamas, del resto, «ha imposto una rigorosa applicazione della legge islamica, che condanna l’omosessualità, rendendo estremamente pericolosa la vita per le persone Lgbtiq».
CORTOCIRCUITO
Tutto ciò non impedirà, domani pomeriggio, agli organizzatori del Pride di Bologna di marciare insieme ai Giovani palestinesi nel «corteo contro l’omolesbobitransfobia», che dopo essere partito da piazza Carducci, alle 15,30, nei pressi della Prefettura si unirà alla marcia «in solidarietà e complicità con la resistenza e il popolo palestinese» che invece prenderà il via da piazza dell’Unità mezz’ora più tardi. A guidarlo, i Pro Pal «a 77 anni dalla Nabka» - letteralmente la “catastrofe” a causa della quale, alla fine della prima guerra arabo-israeliana, i palestinesi lasciarono le terre - e adesso schierati «contro il genocidio in corso a Gaza». I cortei, poi, confluiranno in piazza Maggiore.
In realtà, il Pride è programmato per il 28 giugno, ma gli organizzatori hanno deciso di anticipare i tempi sfruttando la coincidenza della Giornata internazionale contro l’omobilesbotransfobia, nota in tutto il mondo come Idahobit (ovvero International day against homophobia, transphobia and biphobia, che si celebra domani, appunto).
«Non è sufficiente aspettare il Pride, per noi è essenziale scendere in piazza per rispondere al clima crescente di violenza, acuito dalla crisi abitativa, che si registra anche nella città più progressista d’Italia», ha spiegato Salvio, uno dei leader di Rivolta Pride. La piattaforma della mobilitazione, al solito, è ricchissima: sarà una manifestazione «transfemminista, antifascista e antirazzista». Obiettivi: «Depatologizzare le identità trans, rifiutare il riarmo europeo e il decreto sicurezza, sostenere la liberazione e la resistenza del popolo palestinese in lotta». E pazienza se in Palestina solo il 4% della popolazione percepisce l’area «come posto sicuro per gay e lesbiche».
LA PIATTAFORMA
L’emblema di questa contraddizione sono i “Queers for Palestine Bologna”, che parteciperanno a entrambi i cortei: quello «transfemminista lanciato da Rivolta Pride, contro ogni forma di omo-lesbo-bi-transfobia»; e quello dei Pro Pal «per ricordare la catastrofe fondativa della pulizia etnica e dell’occupazione coloniale» contro il popolo palestinese. Eppure, informa ancora gay.it, «molti palestinesi gay, lesbiche, bisessuali e transgender hanno cercato rifugio, sia in modo legale sia clandestino, nei principali centri urbani israeliani, come Tel Aviv, in cerca di una società più tollerante nei loro confronti». Tutto inutile. «Israele strumentalizza le persone Lgbtiq per legittimare l’esproprio del territorio palestinese», dicono gli organizzatori. Già che ci siamo, poi, ecco il richiamo ai referendum sul lavoro dell’8 e 9 giugno. Motivazione: le persone Lgbtiq sono «più esposte a licenziamenti coatti».