La lotta politica al fianco della sinistra. Le manifestazioni di piazza. I progetti tra i banchi di scuola. I corsi online per imparare come mettersi «al sicuro mentre si partecipa a una protesta» e per capire «l’apartheid israeliano contro i palestinesi». I finanziamenti a pioggia ricevuti dall’Unione europea, dalle giunte amiche e persino da biblioteche e istituti scolastici. Dall’immigrazione ai cambiamenti climatici, dall’ideologia gender all’avversione alle forze dell’ordine, passando per le reprimende al centrodestra su decreto sicurezza, aborto e mancanza di case per i rom. La sezione italiana di Amnesty International – la stessa che non ha esitato a prendere le difese del Consiglio d’Europa spiegando che «anche in Italia c’è da tempo un problema di profilazione razziale da parte delle forze di polizia» – avanza dietro lo scudo dei diritti umani ed è tra i migliori alleati di Pd e compagni nella strategia della tensione anti-governativa che picchia forte sulle solite due parole magiche: fascismo e razzismo.
Nata nel ’76 e da due anni ente del terzo settore riconosciuto, parliamo di una comunità di oltre 91mila persone tra soci, donatori, attivisti, staff e collaboratori. Già a 14 anni si può diventare membri di Amnesty: basta pagare la quota associativa di dieci euro, che sale a 20 per chi ha tra i 26 e i 35 anni e a 35 euro per tutti gli altri. Complessivamente, quasi 32mila soci che per quanto riguarda il 2023 (l’anno dell’ultimo bilancio pubblicato dall’associazione che vede un avanzo di 755mila euro) valgono 1,1 milioni di euro. A cui si aggiungono i 12,1 milioni di donazioni a supporto delle varie campagne (in aumento del 5 per cento rispetto al 2022), i quasi 800mila euro dei proventi del cinque per mille, gli 80mila euro versati dai privati, i 53mila euro ricavati dalla vendita di un immobile, l’oltre mezzo milione di contributi da altre strutture del movimento internazionale e i 165mila euro sborsati da enti pubblici: in totale poco più di 15 milioni di entrate, a fronte di 14,3 milioni di costi.
I poliziotti sotto attacco: "Gli specialisti del caos temono le nuove norme"
«La domanda è una sola: chi ha davvero paura di questo decreto? Di certo non i cittadini onesti». Do...A proposito degli ultimi fondi citati, spulciando le erogazioni che vanno dal 2018 al 2023, a farla da padrone sono scuole elementari e medie nell’ambito del progetto “Amnesty kids”: il contributo per partecipare è di 35 euro a classe, in cambio di un kit didattico che contiene approfondimenti sulla parità di genere, un libro che spiega «cos’è il potere e perché alcune persone ne hanno meno di altre e alcune non ne hanno affatto», tessere, adesivi e calendari per celebrare varie giornate, tipo quella per i migranti e quella per le vittime di genocidio (secondo Amnesty lo è anche quello di Gaza). Nella scheda di presentazione, a proposito di diritti umani, è raffigurata una donna col capo avvolto nell’hijab che stringe un volante nelle mani: si celebra la “conquista” della libertà di guida in Arabia Saudita ma si omette l’oppressione legata al velo islamico?
I finanziamenti più pesanti, però, sono quelli che giungono dall’Europa. Nel 2021, ecco un milione e passa dalla Commissione per i progetti “Stand by me 1.0” e “Stand by me 2.0”, che per il contrasto alla violenza di genere, tra i diversi strumenti, consigliano di utilizzare «un linguaggio il più possibile inclusivo, onde evitare l’uso del maschile come unica formula plurale riferita a persone». Dunque dire «la classe», anziché «gli studenti». E chi non si sente né uomo né donna? Amnesty invita docenti ed educatori a tenere conto di ciò perché «l’impostazione binaria e spesso strutturalmente sessista della lingua italiana esiste ma non per questo non può essere riconosciuta e trasformata nelle nostre pratiche educative». Nel 2021 e nel 2018, complessivi 50mila euro dalla Commissione, tramite l’Università di Trento, per il progetto “Hatemeter” che mira a «sistematizzare, aumentare e condividere la conoscenza sull’odio anti-musulmano online e ad aumentare l’efficienza e l’efficacia delle ong nella prevenzione e nella lotta all’islamofobia». E poi il progetto “Start the charge” – 29mila euro nel 2022, 58mila nel 2020, 137mila nel 2019 e 99mila nel 2018 – con l’obiettivo di «acquisire conoscenze sugli ultimi trend del fenomeno migratorio e sugli obiettivi di sviluppo sostenibile».
Il 5 ottobre del 2024, dopo l’assalto alla polizia da parte dei pro Pal durante un corteo non autorizzato a Roma che aveva provocato una trentina di feriti tra gli agenti, Amnesty Italia si pronunciava così: «Una manifestazione dovrebbe essere considerata pacifica anche in presenza di episodi isolati di violenza da parte di alcuni individui e lo scioglimento dell’intera protesta per questa sola ragione non può essere giustificato». E non è per niente un caso che l’associazione voglia i codici identificativi sui caschi dei poliziotti e pure bloccare l’uso delle pistole elettriche in dotazione agli agenti per fermare violenti e malviventi. Sempre in attesa che il suo oracolo, ovvero la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri), metta all’indice l’Italia accusando la polizia di «profilazione razziale» per poter cavalcare l’odio contro le divise. Domanda: come mai Amnesty non organizza corsi e convegni sugli attacchi alle forze dell’ordine praticamente sempre perpetrati da immigrati e antagonisti di estrema sinistra (quasi 300 agenti feriti nel 2024, il 195 per cento in più rispetto all’anno prima)? Forse mancherebbe la materia prima: i fondi europei...